pubblicato in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, nr. 9, Giovanni Fioriti Editore, Roma, ottobre 2009
Relazione di Simonetta Putti sul primo seminario clinico tenutosi nell’ambito del Centro Studi Psicologia e Letteratura, anno 2009 (pubblicato in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, nr. 9, Giovanni Fioriti Editore, Roma, ottobre 2009)
Testo base: Studi sulla tecnica psicoanalitica, di H. Racker (1968), Roma, Armando Editore, 1976
Premessa
Perché scegliere un testo di Heinrich Racker, freudiano, per il primo seminario del Centro Studi Psicologia e Letteratura? Scelta che può parere non chiara laddove si consideri che la nostra Associazione è stata fondata da Aldo Carotenuto, una delle figure più significative dello junghismo internazionale. Perché non scegliere, allora, un testo di C. G. Jung?
Ricordo qui brevemente che Carotenuto ha avuto una esperienza analitica varia e composita: il suo percorso personale iniziò nel 1960, negli Stati Uniti, con Edward Whitmont, proseguì in Italia con Ernst Bernhard e successivamente con Claudio Modigliani, freudiano. Carotenuto ha mantenuto costantemente aperto il dialogo con la psicoanalisi: nella fase in cui è stato didatta dell’Associazione Italiana per lo Studio della Psicologia Analitica (A.I.P.A.), tra i testi base presenti nei suoi seminari teorici, aveva inserito in primo piano proprio il testo che qui vado presentando.
La mia scelta, però, non rappresenta la mera ripetizione dell’esperienza vissuta, prima come paziente, poi come allieva e infine come collega di Carotenuto, bensì esprime la consonanza con un pensiero ed un approccio. Consonanza con Carotenuto nel riconoscere l’ineludibile valore strutturante della psicoanalisi per chi voglia occuparsi del mondo interiore e delle sue forme di sofferenza, e consonanza con l’approccio teorico e tecnico rappresentato da Racker. Carotenuto e Racker, sono entrambi presenti nel modello di modelli che sono andata costruendo nel corso del tempo, pur se – almeno ad uno primo sguardo – si colgono in essi più differenze che analogie.
Un primo sguardo potrebbe infatti cogliere in Carotenuto l’aspetto della libertà, talvolta trasgressiva, anche rispetto alle regole tecniche che caratterizzano l’analisi ed in Racker l’attento e rigoroso maestro della tecnica. Trasgressione e regola, dunque? Junghianamente, qui mi limito a ricordare un pensiero di C. G. Jung: “ogni tensione antitetica urge verso uno sbocco, da cui deriva il terzo. Nel terzo si risolve la tensione..” (Jung, 1940). Soggettivamente, ritengo che il pensiero psicoanalitico sia fondante e ineludibile in ogni seria riflessione sull’uomo e sulla sua peculiare sofferenza.
Nel 2001 scrivevo, insieme a Giorgio Antonelli, che nell’ultimo ventennio le voci contrarie alla psicoanalisi sono state sempre più frequenti. Notando che – al passaggio del millennio – ancora era dato assistere al rinnovarsi degli attacchi, evidenziavamo allora che proprio la ripetitività di tali attacchi sembrava attestare la forza dell’oggetto che si voleva esaurito e morto. Riconoscevamo che la storia della psicologia del profondo può in effetti essere considerata come una sequenza di morti, nascite e rinascite ma vedevamo in tale sequenza il segno di una strutturale vitalità. Oggi, ancora, sostengo che l’ottica psicoanalitica è un modo di vedere il mondo, è un’ottica sul mondo. Un’ottica e non l’ottica che tutto coglie ed esaurisce.
Ancora oggi, posso confermare l’opportunità di una concezione del Mondo politeistica, che sappia – junghianamente – cercare l’Et Et in luogo dell’Aut Aut. Valutando la multiformità e la multidimensionalità della natura umana, costantemente attuale mi appare il pensiero di Jung che riconosceva l’utilità della “massima varietà di metodi e punti di vista per rispondere alla varietà delle disposizioni psichiche.” Questa premessa per spiegare le ragioni che mi hanno a portato a scegliere H. Racker, freudiano, per il primo seminario clinico indetto nel 2009 dal Centro Studi Psicologia e Letteratura.
L’Autore considerato.
L’Autore in questione può essere considerato uno degli esponenti più significativi nell’area di riflessione e ricerca che ha investito la psicoanalisi a partire dal 1950, cercandone possibili integrazioni con la psicologia dell’Io e delle relazioni oggettuali. Racker, nel testo indicato, non intende però offrire un panorama generale ed esaustivo della tecnica psicoanalitica quanto piuttosto soffermarsi sulla tecnica, ponendo particolare attenzione al modo in cui le reazioni dell’analista al vissuto dell’analizzando possano determinare il destino stesso del viaggio intrapreso.
Transfert e controtransfert sono dunque le linee portanti della riflessione proposta, che – centrandosi su tali cruciali aspetti del processo analitico – dimostra tuttora una vitale attualità. Uno dei pregi di tale riflessione è nel ricordare costantemente la caratteristica dell’analisi: l’essere dimensione in cui analizzando e analista non possono attenersi a regole date e rassicuranti indicazioni di metodo, ma debbano rimettersi in gioco momento per momento. Può essere questa una delle ragioni dei ricorrenti attacchi alla psicoanalisi ai quali accennavo nella premessa? Questo aspetto di co-involgimento, seppur consapevole, dei co-attori della scena psicoanalitica, unitamente al fattore tempo che ovviamente si configura non breve e soprattutto non determinabile a priori, può concorrere all’accennata reiterante battaglia contro la psicologia del profondo.
Nel nostro tempo, sempre più caratterizzato da una velocità che non di rado scade nella fretta, in cui appare vincente la tecnica che maggiormente assicura risultati rapidi ed a basso costo, la psicoanalisi e la psicologia analitica possono apparire obsolete in quanto richiedono tempi non brevi e una frequenza assidua. Così, corrispettivamente, le terapie cosiddette brevi e/o centrate sul sintomo possono sembrare maggiormente in linea con le esigenze attuali.Tornando a Racker ed alle sue formulazioni, darò un rapido cenno alla struttura del testo e mi soffermerò principalmente sul tema del Controtransfert, tema che ha costituito l’ossatura del primo Seminario clinico.
Linguaggio e struttura.
Racker utilizza una forma espressiva ed un linguaggio che, come acutamente sottolinea Francesco Corrao nella prefazione, possiede qualità rare. Ovvero la semplicità e l’espressività.
Racker, in tutta l’opera che vado brevemente presentando, mantiene un indice molto elevato di capacità di trasmissione. La trasmissione rimanda al messaggio…e qui, solo di sfuggita, penso a P. Watzlawick, alla Scuola di Palo Alto, al testo Pragmatica della Comunicazione umana, che – pressoché negli stessi anni – veniva edito rendendone noto e fruibile il pensiero. Il testo di Racker fu edito nella prima versione originale nel 1968; il testo di Watzlawick nel 1967: una co-incidenza nello spirito del tempo?
Altro discorso meriterebbero i tempi di trasmissione editoriali: il testo di Racker viene tradotto in italiano nel 1976, quello di Watzlawick nel 1971; ma anche di tali latenze non posso, qui, che dare un cenno fugace.
Il discorso di Racker si dipana, dunque, per amplificazioni progressive attraverso nove capitoli. Ed è lo stesso Racker, nelle pagine iniziali, a presentare la struttura del testo ed a indicarne destinatari, scopo e senso.
Il primo capitolo consiste in una introduzione alla tecnica psicoanalitica destinata anche a lettori non provvisti di specifiche competenze: il significato di ogni concetto fondamentale viene spiegato; i capitoli successivi presuppongono invece nel lettore una relativa conoscenza della tecnica analitica, essendo destinati agli studenti di psicoanalisi ed ai medesimi analisti.
Il secondo capitolo, il più lungo della raccolta, presenta un quadro prospettico e diacronico della tecnica analitica, non più elementare come nel primo ma arricchito dalle diverse posizioni assunte rispetto ai problemi fondamentali dalle varie scuole o tendenze presenti nell’ambito del movimento psicoanalitico. Capitolo questo, a mio parere, grandemente utile soprattutto per i giovani psicoterapeuti, e soprattutto per quelli di diverso orientamento.
Il terzo ed il quarto capitolo si centrano sul transfert, dapprima evidenziandone la dinamica e la pregnanza, per poi dare crescente attenzione agli aspetti pratici più che teoretici. Troviamo una disamina chiara ed efficace dell’analisi del transfert attraverso la risposta data dal paziente alle interpretazioni; ed è quasi pleonastico ricordare che questa è attività principale svolta dell’analista nel suo lavoro.
Il quinto ed il sesto capitolo si centrano sul controtransfert, ed anche qui osserviamo il progressivo amplificarsi della esposizione.
Dapprima viene illustrata la nevrosi di controtransfert quale fenomeno avente luogo nell’analista nella sua relazione con il paziente, e che può presentarsi condizionata da processi psicopatologici inerenti l’analista medesimo. La presa di coscienza di tali processi può evitare che essi influenzino il lavoro analitico.Successivamente, Racker si sofferma sul significato e impiego del controtransfert: il fenomeno viene illustrato nella doppia valenza di elemento di pericolo e di strumento tecnico. Rischio e opportunità dunque presenti contemporaneamente nella dimensione e nel vissuto controtransferale, di cui si mette in evidenza l’importanza nel determinare il destino del transfert e quindi nel influenzare la possibilità stessa – per il paziente – di elaborare il transfert superando il circolo vizioso della nevrosi.
I capitoli settimo ed ottavo cercano di chiarificare l’influenza esercitata da determinati tratti caratterologici e caratteropatici dell’analista, illustrando gli errori specifici a cui possono dar luogo. Ancora una volta si evidenzia come la coscientizzazione di tali tendenze possa portarne al superamento o, quanto meno, alla gestione, nell’ottica di ridurne la nocività sull’esecuzione stessa dell’analisi.
Il capitolo nono si centra sulla controresistenza, quale fenomeno che può interferire con l’interpretazione: talvolta, infatti, alcuni processi inconsci impediscono all’analista di dare interpretazioni adeguate, anche se gli è stata possibile una comprensione parziale della situazione del paziente.
Dalla sintetica esposizione della struttura e dei contenuti non è difficile, credo, dedurre la pregnante utilità del testo.
Una forma specifica di Eros.
Trovandomi fondamentalmente consonante con Racker sul fronte di una modalità d’essere e d’operare, scelgo qui di dare un cenno più esteso a quanto egli esprime nel capitolo secondo, al paragrafo La posizione interna dell’analista e il suo atteggiamento nei confronti del paziente e dei suoi contenuti.
Racker scrive: “Il processo di trasformazione analitica dipende, in grande parte, dalla quantità e dalla qualità di Eros che l’analista è in grado di fare operare per il proprio paziente. Si tratta di una forma specifica di Eros, che si chiama saper capire, e in una forma ben specifica.”
Racker parla di Eros: ma di quale Eros? Mi sembra sostanziale notare che l’Autore – nella formulazione in oggetto – utilizzi due volte l’ espressione forma specifica. La ripetizione appare tanto più significativa quanto più ricordiamo che Racker utilizza una forma espressiva ed un linguaggio semplice ed espressivo. Per Racker lo specifico Eros che opera o dovrebbe operare nell’analista “si chiama saper capire”. Saper capire, e qui l’Autore reitera “in una forma ben specifica” per poi dirci cosa esattamente intenda.
L’analista ha da capire, dunque e soprattutto, “ciò che l’uomo respinge, teme ed odia dentro di sé, e ciò grazie ad una grande forza combattiva, una più grande aggressività contro tutto ciò che nasconde la verità, contro la illusione e il diniego: in altre parole contro la paura e l’odio che l’uomo ha di se stesso e le loro patologiche conseguenze.” Il saper capire è allora una particolare commistione di attenzione, forza, aggressività costruttiva, ottimismo, capacità di svelamento, consapevolezza di sé e dell’altro nella relazione. E questa commistione è – almeno a mio parere – una forma elevata di amore.L’Eros che può informare di sé la dimensione del paziente nei confronti dell’analista, e questo specifico Eros che secondo Racker può, e dovrebbe, caratterizzare la corrispettiva dimensione dell’analista, ci riconducono dunque ai punti cruciali del transfert e controtransfert.
Nel quadro attuale della Psicoterapia, variegato dalla molteplicità e diversità di orizzonti, cioè a dire della miriade di teorie, modelli, approcci e indirizzi oggi esistenti, i fenomeni del transfert e del controtransfert ricevono sorti diverse. Pare quasi esser in atto una frammentazione dei saperi,che genera una miriade di nicchie anche formative e didattiche, laddove uno o pochi elementi facenti da sempre parte del metodo psicodinamico e/o psicoanalitico vengono estrapolati ed eretti a piloni portanti dei cosiddetti nuovi modelli e delle cosiddette nuove strutturazioni teorico/pratiche.Non esiste, tuttavia, io credo, un orizzonte privilegiato di cura, ma differenti modelli esplicativi, le cui diversità vanno rintracciate in una teoria, in una pratica di lavoro e in un apposito training di formazione. Ci sono orientamenti per i quali la dimensione transferale e controtransferale è lo strumento di lavoro fondamentale e modelli che sono invece centrati più sul qui ed ora delle relazioni, della soggettività o dei comportamenti. Per chi sente di esser in sintonia con la psicologia del profondo, il libro qui brevemente presentato si configura come strumento di elevata e radicale fruibilità.