Frank Dumont, Raymond J. Corsini, Psicoterapie a confronto. Un caso visto da sei terapeuti, 2000, McGraw-Hill, Milano, 2003
Prendiamo un ingegnere che non riesce più la mattina ad alzarsi per giungere in orario al suo posto di lavoro. Mettiamo che quell’uomo di mezza età, dal fisico appesantito per la mancanza di esercizio fisico, non abbia mai avuto relazioni sentimentali con donne, sia fobico per i cani, non abbia contatti sociali significativi -oltre ad una coppia che frequenta a cena una volta a settimana- e che nel complesso consideri la propria vita “un fallimento”.
Facciamo che quel tale individuo, infelice, il cui unico passatempo è la rimessa a nuovo di macchine di valore comprate usate e poi rivendute, si veda invitato dal supervisore della sua ditta ad approfondire la propria condizione psichica.
E infine, in questo concerto di difficili condizioni, facciamo che Donald Green –questo è il nome del paziente- abbia l’avventura di poter di essere preso in carico virtualmente dalla sensibilità e dall’esperienza di sei terapeuti di sei scuole diverse. Misceliamo il tutto, ed ecco l’originale libro che Dumont e Corsini ci offrono per il confronto su un medesimo campo clinico della Ipnoterapia Ericksoniana, della Terapia Razionale Emotiva Comportamentale, della Terapia Multimodale, della Psicoterapia Adleriana, della Terapia Centrata sulla Persona e della Terapia Cognitivo-Comportamentale. E cioè le psicoterapie che –ci assicurano gli autori- costituiscono le più seguite e accreditate negli States
Un dispositivo irreale capace però di stimolare il dialogo fra sei illustri rappresentanti del panorama psicoterapeutico americano e mondiale.
I dati iniziali sono raccolti da un colloquio preliminare di Donald Green con Corsini, il curatore del libro e il titolare delle sedute ad indirizzo adleriano.
La struttura di ciascun intervento è davvero interessante. Fa da prolusione un quadretto di sintesi sui concetti cardine della psicoterapia in oggetto. Segue una presentazione biografica e motivazionale dello psicoterapeuta all’opera. La parte centrale di ciascun capitolo è ovviamente dedicata alla gestione del paziente; il resoconto del materiale clinico delle sedute varia. Ad esempio per l’Ipnositerapia sono descritte solo cinque sedute, che costituiscono tuttavia la totalità della terapia offerta a Donald. Per la Terapia Razionale Emotiva vi sono degli accorpamenti di sedute: ad esempio dalla settima alla dodicesima. Altri psicoterapeuti ancora preferiscono usare criteri più formali, come la trascrizione solo delle sedute dispari.
Le trascrizioni delle sedute sono commentate. E queste meta-riflessioni a carattere analitico forse rappresentano la maggiore ricchezza del testo.
Tutte e sei le terapie –invariabilmente- terminano con un successo, commentato da un altro aderente al medesimo indirizzo clinico che si complimenta. Talora questi offre anche alcuni vellutati spunti di critica all’operato del collega, integrando ciò che è stato descritto con l’allusione a qualche strategia di trattamento in più che si sarebbe potuta affiancare.
Nel complesso il confronto è riuscito a mettere discretamente in risalto le differenze e le somiglianze fra i diversi indirizzi. Con alcune particolarità cliniche che mi hanno davvero incuriosito, come la scommessa di Lankton, lo psicoterapeuta ericksoniano, che gioca –e perde- il pagamento di una seduta, pur di convincere Donald a chiedere alla donna che lo attrae ad uscire a cena con lui. E gli consegna dopo ogni seduta una busta con alcune prescrizioni da esaudire prima della successiva, fra cui quella di andare a cena in un ristorante dove servono solo dolci, ordinarne due, e preparare un resoconto delle proprie sensazioni. Oppure l’utilizzo del linguaggio spregiudicato, ironico e paradossale, di Lazarus (che non sapevo che fosse sud-africano di origine!) e il suo invito a Donald di frequentare il venerdì successivo un seminario di terapia pubblica che si sarebbe tenuto presso il vicino Albert Ellis Institute. O ancora la totale mancanza di assertività del terapeuta fino all’annullamento del valore dei propri controtransferts (e di se stesso) nei confronti dei contenuti del paziente da parte di Zimring, psicoterapeuta rogersoniano.
Sintomatico della difficoltà ad essere applicato in maniera univoca, è la varianza delle classificazione con cui gli autori incasellano il caso di Donald all’interno delle categorie diagnostiche del DSM IV. Per Ellis ad esempio Donald è uno schizoide; a partire dalle medesime caratteristiche psichiche Lazarus definisce il caso in esame nell’Asse II come Disturbo Evitante di Personalità.
Per concludere, appare condivisibile la critica che Carli nella prefazione rivolge alla scelta del curatore di espellere dal suo organigramma le psicoterapie ad indirizzo più psicodinamico. Dice Lazarus: ‘Ritengo che la psico-archeologia’ sia antiquata; insomma è superato trattare la mente di una persona come se fosse uno scavo archeologico, indagare la storia remota della sua vita. Se si vuole cambiare, bisogna fare cose diverse e fare le cose in modo diverso. Ho letto una frase che mi ha molto colpito: ‘Se continui a fare quello che hai sempre fatto, continuerai ad avere quello che hai sempre avuto’”. Risponde Carli: “Si tratta di interventi che sembrano orientati al perseguimento del conformismo, dell’adattamento al sistema di valori proprio del terapista e del contesto culturale che il terapista rappresenta…Viene alla mente, quando si legge o s’ascolta il modo in cui terminano queste terapie, il ‘vissero felici e contenti’ delle fiabe; con la legittima domanda di cosa sia successo a Cenerentola o al Principe dopo sette anni di matrimonio’.
Ogni cultura ha la psicoterapia che si merita.