Alfred Adler, Psicologia dell’omosessualità, 1917 Newton Compton, 1994.
(a cura di Maria Themeli)
Nella maggior parte dei casi gli omosessuali non presentano alcuna anomalia sul piano organico e la loro scelta è da riferire quasi esclusivamente a fattori psicologici come i vissuti d’inferiorità, non o mal compensati, la paura dell’insuccesso, il timore di eccesive responsabilità. Non esiste un substrato fisiopatologico che autorizzi un individuo a procurarsi stimoli o soddisfazioni sessuali presso il suo stesso sesso e le teorie delle origini coatte dell’omosessualità e del loro carattere congenito sono facilmente confutabili. Adler a questo proposito parlava di finzione di innatismo, riferendosi a quegli individui che sentendo vacillare la loro scelta deviante nel confronto sociale, la volevano giustificare.
Le motivazioni psicodinamiche dell’omosessualità sono da ricercare sopratutto in un blocco del normale training erotico nell’infanzia o nella pubertà, derivato essenzialmente dai modelli parentali. Nella maggior parte dei pazienti omosessuali si rivela una profonda insicurezza rispetto al ruolo sessuale. Questa insicurezza infantile appare la principale prerogativa nell’antefatto esistenziale dell’omosessuale. Quindi il trattamento di pazienti omosessuali è una questione di educazione infantile. Nel metterla in pratica sarà importantissimo non scoraggiare il giovane soggetto e rassicurarlo nel suo ruolo sessuale, che dovrà considerare fisso ed immutabile.
È difficile parlare di guarigione dall’omosessualità, ma si riesce attraverso il trattamento ad accorciare notevolmente le distanze fra il paziente e il sesso opposto. Non va dimenticato che come il giovane normale abbia bisogno di un periodo più o meno lungo di preparazione per raggiungere una funzione sessuale soddisfacente, anche al paziente che abbia preso un orientamento favorevole, bisogna lasciare il tempo necessario.