in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 13, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2011 – Estratto
Ma di chi è che Narciso di innamora? Non certo di se stesso. Non è infatti propriamente se stesso ch’egli incontra nella fonte, ma il proprio doppio, l’immagine di sé che può essere anche fatta coincidere, come nella versione di Pausania, con l’altro da sé. Aveva quindi ragione Freud a pensare che di fronte a Narciso non poteva esserci alcun “se stesso”. Secondo il padre della psicoanalisi, infatti, c’è una fase della vita in cui ciascuno di noi si trova ad essere Narciso, e in questa fase la personalità individuale non si è ancora formata: l’io non esiste se non come abbozzo e immagine unificata del proprio corpo priva però qualsiasi compiuta coscienza di sé. Di fatto il giovane che si specchia nella fonte e che cerca di afferrare la sua immagine non è ancora un “Io” e non ha ancora assunto un’identità propria. Ciò che tenta disperatamente di afferrare non è l’io ma un riflesso, che peraltro non può neppure essere riconosciuto come proprio.
Narciso, quindi, s’innamora della propria immagine non sapendo che si tratta dell’immagine di sé. E neppure che si tratta di un’immagine. Tanto è vero che, come lascia intravvedere un dipinto di Waterhouse, non solo il proprio riflesso, ma anche quello di Eco genera in lui dubbi ed incertezze. In termini psicologici potremmo tradurre che il giovane non soltanto non è in grado di distinguere tra sé e non sé, ma neppure tra mondo reale e mondo immaginario.
La sua è insomma una condizione di doppia ignoranza e per uscirne deve attraversare i diversi stadi di ciò che Lacan ha teorizzato come la fase dello specchio: acquisizione della capacità di distinguere tra il reale esterno e la sua immagine, e acquisizione della capacità di riconoscersi come un sé unitario: come il narcisismo primario di Freud, anche la fase dello specchio di Lacan allude ad uno stadio in cui i confini tra io e mondo, e tra realtà ed immaginazione sono ancora in fase di costruzione.
Su questo punto il mito può ancora insegnarci qualcosa. Nella descrizione lacaniana delle diverse fasi dello sviluppo di sé, infatti, protagonista è uno specchio che nulla ha a che fare con il processo generativo. Nella leggenda di Narciso, invece, l’acqua della fonte in cui il fanciullo si riflette rimanda proprio all’atto della generazione. Il giovane reticente a ogni lusinga d’amore, abbiamo detto, nasce dunque dalle acque, e proprio nelle acque scopre per la prima volta la propria immagine e arriva così a poco a poco a riconoscersi. Nel mito, quindi, il riconoscimento di sé passa attraverso un ritorno alle origini: per poter scoprire il proprio volto, per riuscire ad avere un’immagine di sé, Narciso deve rivolgersi all’elemento da cui è stato generato. Ritroviamo qui il fondamento stesso della pratica psicoanalitica: il processo che porta all’autocoscienza e all’autoconsapevolezza è sempre anche una riappropriazione delle proprie radici.
Abstract
Narciso non s’innamora di se stesso ma di un’immagine che è la sua non tanto perché ne riflette le fattezze, quanto piuttosto perché ha bisogno del suo sguardo per esistere. Il mito è quindi una celebrazione del potere fenomenologico dell’immagine e dell’immaginazione, che sole ci danno accesso al nostro spazio di realtà e ci permettono di cogliere il nucleo più intimo di noi stessi. Questo potere si rivela in forma pura nel sogno, cui rimanda indirettamente l’etimo di Narciso, narké, da narkao o narkoo che alludono a una condizione di stupore e irrigidimento associabili al sonno e alla morte. Come l’uomo immerso nel proprio sogno, anche Narciso vive in una condizione di pre-identità in cui non esistono confini tra io e mondo, e tra realtà ed immaginazione. Al pari del sognatore, incarna il prototipo della coscienza che si affaccia al mondo all’alba della sua prima apparizione. La sua storia ci avverte dei nostri limiti ontologici ma esalta anche la nostra capacità di trascenderci attraverso un continuo processo di trasformazione e di oggettivazione. Distaccandoci dalle interpretazioni in chiave patologica e negativa, suggeriamo qui che Narciso sia l’emblema di un’umanità sognante in cerca di se stessa nell’enigmatico vortice della natura.