in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 7, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2008 – Estratto
C’è un’analogia fatale tra l’essenza della prostituzione che esclude da sé qualsiasi coinvolgimento personale nel rapporto tra i sessi e l’essenza del denaro. Nei confronti del denaro non si chiede mai “che cosa” in realtà “vale”, la sua qualità si relaziona esclusivamente con la sua quantità cosi come ad una prostituta non viene mai chiesto “chi sei?”. In questo consiste l’aspetto più tragico della prostituzione: un corpo ridotto a puro mezzo, carne ridotta a merce, diviene l’equivalente di qualsiasi corpo. L’amore per le cose che si possono comprare con il denaro si trasforma lentamente nello sforzo perpetuo di controllare gli eventi, nella sicurezza contro la morte, si trasforma nella fuga dalle persone e in ciò che le “separa”: l’eros al contrario, cioè la sua perversione. Il denaro diviene allora un sostituto di qualcosa che non appartiene al mondo materiale, un sostituto della relazione: un pseudo-innamoramento, una falsa storia d’amore. Denaro e sesso sono sempre stati, dagli albori della storia, intimamente connessi, e la sessualità nella sua espressione più elevata è spiritualità. L’eros sta alla radice di tutto ciò che è creazione e bellezza, di tutto ciò che è divino: il samadhi è l’espressione suprema dell’energia sessuale. Nella letteratura spirituale d’oriente, nel Tantra per esempio, il divino è considerato qualcosa di estremamente erotico e la sessualità viene riabilitata all’interno di una dimensione sacra, analogamente a quanto già accadeva presso molte civiltà primitive. La pratica del Tantra, la cui filosofia esprime un assenso incondizionato alla vita in tutte le sue manifestazioni, ha come principio fondante l’esistenza di qualcosa di molto più elevato nella natura umana, la cui piena realizzazione è beatitudine. Negli ultimi anni si sta manifestando in ambito collettivo una tendenza al recupero, alla riappropriazione in ambito religioso di una figura metafisica femminile dotata di sessualità, figura che emerge nei nostri sogni, ma anche nell’arte e nella letteratura. La figura di Maria Maddalena, per esempio, così come appare nel film “Il codice da Vinci” tratto dall’omonimo libro di Dan Brown. Considero questi tentativi, a volte maldestri o anche grotteschi, estremamente significativi dal punto di vista psicologico in quanto rappresentano l’esigenza e la tensione verso una profonda trasformazione dei simboli del nostro tempo (“una metamorfosi degli dei”), una trasformazione, in questo caso, della donna inconscia archetipica dentro di noi e l’avvento di una un nuova immagine metafisica della donna. Tutto ciò è naturalmente degno dell’interesse degli psicologi del profondo. Potrebbe essere quella di Maria Maddalena una più moderna immagine archetipica di donna divina eletta a unirsi alla trinità per completare il quadro divino? Una Maria Maddalena non più “prostituta” ma, nella sua nuova veste di “sposa di Cristo”, nuova icona femminile, una icona più adeguata a rappresentare la nuova donna emergente, sessualmente più completa, una donna che tende a liberare il serpente da sotto i piedi.