in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 12, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2011 – Estratto
La distinzione di Jung tra archetipo ed immagine archetipica, nello scenario di Eranos, contribuì ad affermare la scoperta dell’aspetto non psichico, ma psicoide dell’archetipo e della risonanza emotiva che invece suscitano le immagini nell’uomo, trovando connessioni sia con il lavoro di Corbin sul mundus imaginalis sia con Hillman sulla psicologia archetipica. Se l’archetipo risulta inconoscibile e l’immagine archetipica conoscibile, rintracciare attraverso la storia delle religioni e la mitologia tali aspetti avrebbe fornito una connotazione di ampio respiro alla psicologia attraverso la comparazione con altre discipline, e l’immaginazione sarebbe diventata il ponte di collegamento tra la sfera astorica, atemporale e la coscienza individuale, con la consapevolezza alchemica della dimensione psicoide sia della materia che dello spirito. Tali intuizioni si riveleranno importanti non solo nella sfera del pensiero ma anche nella sfera clinica nella cura delle psicosi e dei disturbi gravi della personalità, dove la ricchezza, ai nostri giorni, del corpus junghiano si rivela di una enorme pregnanza terapeutica, rispetto agli altri modelli di cura.
Lo spirito di Jung di esplorare sentieri nuovi, metafora derivante dal suo viaggio all’interno del proprio inconscio e nell’incontro con i demoni della Psiche, lo spinse al allargare il vasto campo degli studi alla ricerca di manifestazioni fenomenologiche delle strutture archetipiche. In tal senso, sempre ad Eranos ci fu l’incontro di Jung con Portmann, che nel 1946 tenne una conferenza su La Biologia e il fenomeno della Spiritualità; incontro che stimolò e rimase fortemente impresso nella mente di Portmann: “Fu un incontro decisivo, che non solo mi ha rivelato in modo particolarmente evidente l’importanza di un superamento alla barriera che separa le scienze naturali dalle scienze umane, ma mi ha anche mostrato un campo di attività che nel corso degli anni ha portato alla luce molte cose che tendevano alla luce. L’incontro con lo spirito vulcanico di C. G. Jung ha potentemente contribuito a farmi riflettere su alcune questioni fondamentali; da lui abbiamo appreso quanto è grande il campo in cui lo spirito si manifesta, ma anche quanto siano nascosti quei fattori che vorremmo indagare in quanto predisposizione a questa singolarità dell’uomo. Jung stesso, con la sua formula dell’inconscio collettivo, è penetrato profondamente nella problematica generale della ricerca della vita, che tenta di dare una risposta all’interrogativo di come abbia potuto determinarsi un rapporto degli esseri animati con il mondo, di come, cioè, sia nata l’interiorità (…). La profonda serietà con cui Jung, seguendo la sua particolare via, ha indicato nell’esperienza religiosa originaria il tratto fondamentale della spiritualità umana, ci ha fatto sentire in tutta la sua grandiosità il mistero dell’origine della nostra visione del mondo (…). Conoscere Jung, rendersi conto nel colloquio quotidiano del lavorio incessante del suo spirito, condividere il piacere con cui egli faceva suoi nuovi punti di vista, essere presenti quando attirava a sé e interrogava i singoli oratori che entravano nella nostra cerchia con nuovi temi: tutte queste furono impressioni grandi e durevoli. Conoscere da vicino l’uomo che dagli uni viene portato ai sette cieli e dagli altri giudicato con scetticismo, rappresentava la fortunata possibilità di confrontarsi con uno spirito tanto ricco e capire più a fondo le sue intenzioni. Nel corso di dieci anni di regolari incontri estivi, egli mi è apparso come una forza tutta speciale della natura, cui era concesso in insolita misura di portare a livello di coscienza gli eventi psichici che si muovono all’interno di ognuno di noi. Noi conoscevamo, così, una forza creativa che dall’intreccio dell’elemento psichico e di quello spirituale metteva in luce di continuo nuove immagini e analogie” .
In tale contesto, allora, l’opus di Eranos è legato all’idea della dimensione psicoide della sfera materiale e spirituale, e sarebbe interessante correlare i progressi del pensiero junghiano con il genius loci, dal momento che l’idea dell’archetipo come dimensione psicoide, attraverso la ricerca, il confronto e lo studio delle immagini, personali ed archetipiche, è la vera pietra angolare con cui Jung ha lavorato per tutta la vita.
Abstract
L’interesse di C.G. Jung per la dimensione dell’Anima, per anni ha trovato dimora ad Eranos, luogo di grande valenza archetipica, ma soprattutto crocevia di simposi in cui il sapere acquistava la sua valenza di contenitore e confronto tra discipline diverse. Partendo dall’esperienza del Libro Rosso, dove lo studio e l’esperienza dell’Anima in relazione alle immagini ne fa il tema dominante, riflettere sull’importanza di luoghi di incontro umano e professionale in cui l’individuo a contatto con l’anima mundi trova la relazione tra la propria interiorità e l’anima dei luoghi, vuole dire recuperare uno dei temi portanti dell’eredità junghiana, ovvero i rapporto tra la dimensione archetipica, l’Anima e il mondo delle immagini. La dimensione archetipica in connessione con l’esperienza immaginale, diventa pertanto un costrutto clinico e teorico di grande utilità nel lavoro terapeutico, con la consapevolezza che la molteplicità dei volti della Psiche, richiede sempre un confronto ed una comparazione con le altre discipline del sapere in una ottica di conoscenza della sfera simbolica.