Le potenzialità terapeutiche degli stati di coscienza. L’inconscio visto da C. G. Jung e S. Grof. Parte seconda: la pratica

in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 56, Roma, Di Renzo Editore, 2004 – Estratto

Strategia terapeutica

Nella nostra cultura dominata dal paradigma scientifico, la respirazione ha perso quella “sacralità” caratteristica delle varie tradizioni spirituali e sciamaniche ed è stata ridotta a semplice funzione fisiologica, perdendo così il suo significato di connessione con la psiche e lo spirito. Tutte le manifestazioni fisiche e psicologiche collegate alle varie modalità respiratorie sono state interpretate come patologie. La stessa “sindrome da iperventilazione” che a volte accade spontaneamente durante alcuni episodi psicotici viene soppressa con l’utilizzo di psicofarmaci, quando in realtà è un processo naturale di enorme potenzialità terapeutica.

Soltanto negli ultimi decenni i terapeuti occidentali hanno riscoperto il potenziale terapeutico della respirazione e sviluppato tecniche che la utilizzano secondo diverse modalità. La tecnica utilizzata nella respirazione olotropica sviluppata da S. Grof consiste semplicemente nel respirare più rapidamente e più profondamente del solito con l’attenzione rivolta al proprio mondo interiore. Una volta entrati nel “processo”, ognuno trova il proprio ritmo respiratorio. E’ molto difficile per chi non ha vissuto di persona questo tipo di esperienza riuscire a immaginare ciò che avviene soltanto in base a descrizioni o argomentazioni teoriche.

La “strategia olotropica di psicoterapia” si basa sul principio fondamentale che i “sintomi” sia emotivi che psicosomatici rappresentino un tentativo spontaneo dell’organismo di guarire se stesso, superare i propri traumi e raggiungere uno stato di maggior equilibrio. Principio questo che la terapia olotropica condivide con l’omeopatia nella tendenza all’attivazione e intensificazione temporanea dei sintomi presenti ed esteriorizzazione di quelli latenti, il che porta successivamente alla loro dissoluzione. Il sintomo viene visto quindi come un’opportunità di cambiamento, una tendenza naturale che la terapia dovrebbe assecondare, diversamente da quanto avviene nella pratica tradizionale, focalizzata sopratutto sulla sua soppressione. Nel corso del lavoro basato sui principi olotropici, l’intensificazione del sintomo è indizio di progresso terapeutico in quanto favorisce l’attuazione di ciò che l’organismo cercava di raggiungere: il superamento delle impressioni traumatiche attraverso l’emergenza del materiale inconscio e la liberazione delle energie emotive e fisiche ad esso associate.

Nel metodo terapeutico sviluppato da Grof, attraverso l’utilizzo di mezzi naturali come la respirazione, la musica evocativa e tecniche di lavoro sul corpo, vengono indotti potenti stati non ordinari di coscienza che portano alla rimozione dei blocchi bioenergetici e alla liberazione delle energie fisiche ed emotive represse. La risoluzione del trauma e il cambiamento che ne deriva, può significare una vera e propria trasformazione della personalità e scaturisce da vissuti profondi che spesso sfuggono alla comprensione razionale. Tale risoluzione può avvenire a livello biografico, essere cioè connessa ad esperienze e traumi infantili o all’emergenza di materiale perinatale e transpersonale.

L’esperienza

In ambito olotropico, il termine “terapeuta” viene usato nel senso della parola greca originale “therapeutes”, che significa “persona che assiste durante il processo di guarigione” e non si riferisce a qualcuno che agisce in modo attivo sul paziente. Il ruolo del terapeuta durante le sedute olotropiche è quello di sostenere l’esperienza del respiratore senza influenzarlo o manipolarlo, anche quando il processo in corso non viene compreso immediatamente. Può accadere che gli “insights” corrispondenti emergano dopo l’esperienza, in una seduta successiva, durante un sogno o semplicemente come un “lampo improvviso” durante lo stato di veglia. La capacità di sostenere l’intensità e drammaticità di alcune esperienze richiede dal terapeuta una personale dimestichezza con gli stati non ordinari di coscienza e una piena fiducia nel suo potenziale terapeutico che deriva spesso dalla propria esperienza e dal ricordo del proprio percorso terapeutico.

Durante gli esercizi di gruppo di “abbandono” e “affidamento” che precedono l’inizio della seduta di respirazione, ad un certo punto i partecipanti si “scelgono” a vicenda in base a criteri quali l’empatia, la fiducia etc… e formano un certo numero di “coppie”. Durante i due giorni che seguono, ogni componente della coppia si alterna nei ruoli di respiratore o di assistente. L’assistente (o “sitter”) è colui che sta accanto al partner mentre questo “respira”, lo protegge e lo sostiene durante il “viaggio”. L’esperienza di assistente è complementare a quella di respiratore ed è anch’essa catalizzatore di intensi stati d’animo. Come alcuni respiratori stessi dichiarano, anche questa esperienza è molto importante ed è parte integrante dell’intero processo.

Le reazioni fisiche che vengono attivate durante la seduta olotropica sono di complessa struttura psicosomatica e di solito possiedono un profondo significato psicologico, individuale, specifico di ciascun individuo. Queste reazioni a volte rappresentano una versione intensificata di tensioni e dolori della vita quotidiana; altre volte appaiono come una riattivazione di antichi sintomi di un stadio precedente della vita del respiratore. Altre volta, attraverso il linguaggio del corpo, comunicano un messaggio che può rappresentare un importante “insight” per quella persona in quel determinato momento. La tensione fisica può essere liberate attraverso due diverse modalità: nella prima, attraverso la catarsi e l’abreazione, già molto conosciuta da S. Freud e J. Breuer: l’energia viene liberata attraverso pianti, movimenti, tremori, spasimi, grida, vomito etc… La seconda modalità è molto efficace e rappresentativa di un nuovo sviluppo della psicoterapia: le tensioni affiorano e vengono “consumate” attraverso “contrazioni muscolari transitorie di varia durata”, liberando così l’organismo. Queste manifestazioni fisiche vengono di solito seguite da un profondo rilassamento.

Quando rimangono tensioni residue o vissuti emotivi non completati e risolti, i terapeuti possono intervenire attraverso alcune particolari tecniche per liberarle e portare a completamento l’esperienza. La strategia generale di questo lavoro sul corpo è quella di intensificare le sensazioni fisiche presenti nelle parti del corpo interessate con appropriato intervento esterno e con l’aiuto del respiratore, aumentandoli sempre di più finché non si sciolgono del tutto.

Durante lo svolgersi delle sedute di respirazione, viene utilizzata un’altra forma di intervento finalizzata ad offrire sostegno ad un livello molto profondo, pre-verbale. Il trauma relazionato a questo tipo di difficoltà è un trauma di “omissione” che affonda le sue radici in abbandoni e deprivazioni emotive, nella mancanza di soddisfazione di quel bisogno di esperienze positive e essenziali ad un sano sviluppo psicologico: accoglimento, fiducia, accettazione che generalmente vengono espresse attraverso il contatto fisico. Una delle modalità per riconoscere se il partecipante stia vivendo una regressione profonda è la scomparsa delle rughe del volto, l’espressione e molte volte il comportamento di un bambino con atteggiamenti e gesti che includono anche il pianto infantile o movimenti di suzione.

Quando durante l’esperienza, in un momento di profonda regressione, si ritorna in quel luogo di deprivazione, l’unico modo per superare simili traumi è quello di vivere in quel momento un’esperienza connettiva nella forma di un contatto fisico che la sostenga. Secondo accordi presi precedentemente la seduta e “l’approvazione del partecipante”, questo sostegno fisico può consistere nel contatto di una mano, in una carezza, o un lungo abbraccio e dovrà essere usato esclusivamente per soddisfare le necessità del respiratore e mai quella degli assistenti e terapeuti.

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Virginia Salles