La Madonna della Vittoria

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 8, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2009

Giovedì 1 ottobre 2009. È il mio quarto giorno a L’Aquila. Sono qui da lunedì per tenere dei gruppi di formazione e sostegno per insegnanti di scuola materna ed elementare per conto dell’Ido – Istituto di Ortofonologia di Roma .

Il desiderio di esserci e fare la mia parte è forte fin dall’indomani del terremoto. Molti volontari, colleghi e non, si sono immediatamente riversati in Abruzzo facendo un lavoro eroico e difficilissimo. Io so poco o nulla di psicologia dell’emergenza, negli ultimi tre anni, invece, ho tenuto molti gruppi di formazione e sostegno per insegnanti di ogni ordine e grado in contesti sociali anche molto complessi come l’entroterra calabro. La scuola, gli insegnanti e la formazione sono una dimensione che conosco bene. Inoltre sono quotidianamente in contatto con colleghi amici che hanno lavorato in primavera nei campi e che dall’estate lavorano con gli insegnanti aquilani. A sei mesi dal sisma mi sento pronto per portare il mio contributo.

Il lavoro sui gruppi di insegnanti aquilani si presenta, sulla carta, come un qualsiasi altro gruppo di formazione e sostegno per insegnanti. C’è un committente, l’istituzione scuola, dei fruitori, gli insegnanti, un conduttore, il formatore psicologo, un argomento specifico, l’insegnamento, degli obiettivi concordati.

In questo particolare contesto i committenti sono due: l’Istituto Scolastico che invia i corsisti e l’Ido che invia il conduttore. So bene, per formazione ed esperienza, che gruppoanaliticamente questo è un aspetto da valutare con attenzione. È una questione di ruoli: dietro a ogni soggetto del gruppo si intravede il profilo dell’istituzione a cui appartiene. Questi insegnanti vivono in un contesto reale che ha subito un trauma sul territorio, lo stesso di cui fa parte l’istituzione committente, mentre il conduttore arriva dall’esterno così come esterna è l’altra istituzione committente con sede in un’altra città, una città non traumatizzata. Inoltre, se il gruppo esiste è perché due istituzioni lo rendono possibile. A oggi il vissuto delle vittime del terremoto è di forte ambivalenza nei confronti delle istituzioni: da un lato alcuni sentono di rimproverare loro parte della responsabilità dei danni provocati dal sisma e dall’altro sono loro debitori dei soccorsi, dunque letteralmente della sopravvivenza.

Il tema dell’ambivalenza va tenuto in considerazione anche nei confronti del conduttore, inevitabile crogiuolo di dinamiche proiettive derivanti dalla specificità dei singoli, dalla generica dimensione gruppale, dall’esperienza traumatica del terremoto.

Per la mia formazione, lo psicodramma e metodi attivi, questi di insegnanti sono, tecnicamente, gruppi di socioplay . La specificità nella conduzione del socioplay è che ogni intervento deve avere un andamento orizzontale, mai verticale, ed evitare le profondità. I temi emersi devono circolare e rimbalzare fra tutti in quanto il gruppo è omogeneo e l’argomento è dato: l’insegnamento dopo il terremoto.

Scoprirò subito che tenere in queste circostanze un gruppo di socioplay è molto complesso. I temi, le emozioni e i traumi sono enormi e spingono con una forza strabordante dall’interno verso l’esterno. Non è mio compito lavorare questi contenuti, non è né il contesto, né la dimensione adeguata, né la richiesta che i committenti mi rivolgono . L’attenzione maggiore volta alla tecnica è tenere costantemente sotto controllo tutto ciò che non deve essere fatto. Importantissimo è lavorare in sottrazione e aver sempre ben presente nella mente l’obiettivo dell’intervento: stimolare la coesione di gruppo e la collaboratività tra colleghi che si troveranno ad affrontare una situazione lavorativa nuova e intensa.

Per molti di questi insegnanti e per molti bambini il 6 aprile è stato l’ultimo giorno di scuola, scuola che il 1 ottobre non è ancora iniziata e che si appresta a ripartire. Quelle che ho di fronte sono persone abitate dalla paura del terremoto che continua quotidianamente ad arrivare e ferite da traumi complessi e lutti multipli: la morte di persone fisiche, la morte della città, la morte della casa, la morte del proprio stile di vita, la morte della vecchia professione. Così come era, il lavoro dell’insegnante non esiste più. C’era un insegnamento prima del terremoto, c’è un insegnamento dopo il terremoto. Ed è questo, o almeno questo dovrebbe essere, il tema dei gruppi.

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L'autore
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Enrico Santori
Psicologo, psicoterapeuta, psicodrammatista. Tutor dell’Istituto di Psicodramma a Orientamento Dinamico PLAYS (IPOD). Collabora con la Cattedra di Medicina del Lavoro dell’Università Tor Vergata di Roma. santorienrico@gmail.com