in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 8, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2009
Il Mondo si fonda sulla Terra e la Terra sorge attraverso il Mondo. Il setting si fonda sull’insetting e l’insetting sorge attraverso il setting. Il discorso sull’arte di Heidegger, così come quello sullo spazio, e su spazio e scultura, configura sincronicamente un discorso su setting e insetting. Ciò accade perché un discorso sull’arte si lascia anche leggere come discorso sulla psicoterapia. Il poeta intenziona il luogo, anzi il nonluogo coi suoi défilé di personae, fantasmi, apparizioni. Non diversamente opera lo psicoterapeuta. Opera diversamente il filosofo? Il discorso che porta Heidegger dal tempo allo spazio, originariamente inteso come relativo all’arte e, in particolare, alla scultura, si lascia declinare anche come discorso sull’aria, sul vuoto-forma del setting. Il vuoto è la forma del setting. Quello che Heidegger ha obliato come aria ritorna come spazio. Quello che, attraverso lo spazio ripensato da Heidegger, ritorna come aria, si lascia declinare alla diradata luce dell’insetting.
L’insetting è al tempo stesso la possibilità più propria del setting e quella più disperatamente distante. L’invisibile di un visibile. La sua atopìa. Il nonluogo del luogo. Luogo delle forme sospese, diremmo con Sohravardi. Lo si potrebbe anche definire come il trascendentale del setting, il terzo che è primo, la sintesi a priori di trans e trance, il suo stato estetico. Mamerto direbbe, in luogo di trascendentale, inlocalis: una definizione d’anima. Io dico anche terzo stato. Che è lo stato del sogno, il terzo stato del cervello, altro da quello della veglia e del sonno, nella considerazione che Jouvet pretende di aver rinvenuto già nelle Upanishad. Pretesa innecessaria, dal momento che l’origine è adesso. E anche perché il terzo stato è ubiquitario come la libido di Reich o il trauma della nascita di Rank.
Abstract
Un discorso sull’arte si lascia anche leggere come discorso sulla psicoterapia. Da questo assunto si dipana un discorso sull’intuizione, sull’ispirazione e sull’intenzione che abitano il setting terapeutico e guidano invisibilmente paziente e psicoterapeuta. Il termine “insetting”, che in questo discorso viene introdotto, significa la sovrapposizione di un luogo su un altro, del luogo insetting sul luogo setting. Tale sovrapposizione, nella quale si rende reale la felicità del fare analisi, viene posta in relazione, da una parte, con gli assunti della psicologia analitica (sincronicità, funzione trascendente) e, dall’altra, con l’approccio di Heidegger all’arte. Se per il filosofo il Mondo si fonda sulla Terra e la Terra sorge attraverso il Mondo, per lo psicoterapeuta il setting si fonda sull’insetting e l’insetting sorge attraverso il setting. A ridosso di psicologi e filosofi, tuttavia, sono gli scrittori e, in particolare, i poeti a governare questo discorso su intuizione, intenzione, ispirazione e insetting a partire dalla loro riflessione sul fare arte.