in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 9, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2009 – Estratto
Amedeo Caruso: Vogliamo cominciare con la commissione che ebbe per il documentario su Emilio Servadio?
Giovanna Gagliardo: Sì, eravamo nella seconda metà degli anni ottanta, era l’ottantotto o forse l’ottantanove. All’epoca c’era all’Istituto Luce come Presidente Stefano Rolando, che aveva grande sensibilità per temi antologici. Voleva fare il Novecento, fare una collana sul ‘900 con grandi testimoni, ognuno nella propria disciplina. Decise così’ di cominciare con i padri fondatori del Movimento Psicoanalitico. Lui aveva una moglie psicoanalista e pensò al lombardo Fabio Carpi per Musatti che viveva appunto a Milano e a me per Servadio che viveva a Roma come me. Io ero molto coinvolta nel movimento psicoanalitico sia perchè ero in analisi ed anche perchè ero molto amica di Piero Bellanova a cui sono stata legata da affetto fino alla sua morte. Bellanova infatti contribuì con la sua consulenza per il mio lavoro su Servadio. Così mi affidarono Servadio, che io non conoscevo, ma col quale entrai in contatto attraverso la dottoressa Renata Thiele – moglie di Stefano Rolando – che era un’allieva di Servadio.
Questa psicoanalista compare infatti nel film in due scene: quando offre un tè pomeridiano al Maestro e nel banchetto notturno.
E lo sa che la scena del banchetto si svolge prorprio a casa sua, una bella casa dalle parti di piazzale delle Muse?
Servadio la definisce “un allieva molto stimata e amata”. Infatti le consente due piccole domande impertinenti che sono: “Come mai non ha mai conosciuto Sigmund Freud?” e “C’è qualcosa di segreto che non ha mai raccontato?” alle quali risponde con ironia: “Non c’era alcun bisogno di scomodare Freud, per la semplice vanità di dire che l’avevo conosciuto di persona, gli avrei soltanto fatto perdere tempo prezioso!” e all’altra: “Gli inglesi dicono che ciascuno di noi ha almeno uno scheletro nell’armadio, io… di sicuro ne ho almeno quindici!”. Cosa ricorda ancora di questo film intitolato “I padri della psicoanalisi”?
Renata mi ha portato a casa del Professore e abbiamo deciso insieme un metodo di lavoro. Io non avevo ancora idee precise.
Lei aveva già visto il film di Carpi?
No perchè erano stati commissionati in contemporanea e furono girati anche nello stesso periodo. L’uno non ha visto l’altra. Abbiamo finito praticamente insieme.
Questi sono gli unici veri documenti d’autore sui due padri della psicoanalisi italiana… la prego continui.
Abbiamo deciso così di vederci una volta a settimana per circa un mese e si chiacchierava in libertà pensando al progetto. Ci siamo visti forse cinque – sei volte e poi ho avuto l’idea di costruire una giornata tipo di Servadio, cominciando dal mattino fino la sera e dentro questo arco di tempo abbiamo inserito il racconto della sua vita. Abbiamo fissato le location di base, la sede della Enciclopedia Italiana, la Treccani, la gelateria Fassi, dove il Prof. si fermava sempre negli anni ’50. Abbiamo scelto la musica con le sue preferenze e siamo riusciti a contenere in un’unità di tempo aristotelico di una giornata la vita di Servadio, le sue idee e l’abbiamo infatti costruito come un vero e proprio film. I permessi di girare nella sede dell’Enciclopedia ci sono stati concessi con facilità, e abbiamo girato in un estate molto calda approfittando anche di una domenica d’agosto senza traffico.
Che persona era Servadio?
Molto cordiale, giovane di spirito, quasi infantile. Amava molto stare con la gente, era assai conviviale, molto acuto ma una persona semplice. Sapeva stare con ogni tipo di persona.
Nel film che ho avuto modo di vedere e rivedere con piacere Lei è riuscita a fargli tirare fuori tutti i cassetti segreti della sua anima, a cominciare dalla sua passione per Pinocchio, il libro di Collodi del quale mostra una prima edizione rarissima della quale si vanta e così la sua fuga in India dopo le leggi razziali, la sua predilizione per la figura materna e la sua passione per la poesia, nella quale si era cimentato anche come autore. Nel film è scritto nei titoli di testa che la consulenza scientifica è di Piero Bellanova…
Sì, Bellanova credo fosse allora il Presidente effettivo della Società Psicoanalitica o forse il co-Presidente insieme con Gaddini. Io raccontavo a Piero Bellanova come pensavo di fare le cose e lui verificava che non facessi errori di tipo psicoanalitico.
E poi, sono da Lei filmati – Bellanova e Gaddini – seduti al convivio finale, insieme alle dottoresse Tile e Muratori…
L’unica sopravvissuta è Renata Thiele, che qualche volta ancora sento.
Cos’è che La intrigava in questo lavoro? Aveva già una formazione psicoanalitica?
Intanto avevo vissuto all’interno il fenomeno del femminismo negli anni settanta in Italia e poi siccome mi capitava di vivere spesso a Parigi avevo dei contatti con un movimento che si chiamava PsichePo, psicoanalisi e politica, il gruppo francese che poi fondò le Editions des Femmes. Così in quegli anni mi ero avvicinata a molte donne che avevano studiato il femminismo attraverso la psicoanalisi e che si interessavano a figure mitiche come quella di Antigone per il suo carisma femminile. È in questo periodo che ho conosciuto Luce Irigaray che ha scritto una postfazione al libro sul film “Maternale”. Verso la metà degli anni ’80 avevo io stessa iniziato un trattamento psicoanalitico, femminismo e psicoanalisi in quegli anni si erano cuciti insieme nella mia formazione.
Il Suo avvicinamento alla psicoanalisi è coinciso con l’adesione al movimento femminista?
Sì, era una delle tante sugggestioni di quegli anni. Luce Irigaray scrisse il libro “Speculum”, C’era la Kristeva e l’antipsichiatria. In quegli anni la sensibilità femminista ha concorso molto al desiderio di approfondimento culturale.
Abstract
Amedeo Caruso prosegue il suo viaggio alla ricerca delle radici psicoanalitiche del Cinema Italiano d’Autore. In questo numero del Giornale Storico incontra la regista Giovanna Gagliardo, che ha realizzato un importante ritratto cinematografico del Professore Emilio Servadio, uno dei padri della psicoanalisi italiana. In questa intervista la Gagliardo ricorda i momenti salienti della creazione del film e il suo rapporto di lavoro con Servadio e risponde alle domande di Caruso riguardo al suo rapporto con la psicoanalisi. La tenace ed entusiasta regista discorre amabilmente anche del suo lavoro come sceneggiatrice per i film italiani di Miclos Jancso, e ripercorre con simpatia la sua carriera di regista, commentando insieme all’autore un recente lavoro cinematografico che ha riscosso un enorme successo, “Bellissime” – una commovente ed appassionante storia delle donne italiane in Italia lungo il secolo passato – ed anticipa due lavori per la televisione di imminente uscita: “Vittime”, che si occupa delle stragi del terrorismo durante gli anni di piombo italiani e “L’abito di domani”, una storia che tesse insieme la moda e il cinema del secolo ventesimo.