in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 52, Roma, Di Renzo Editore, 2002
Freud affronta la tematica del viaggiare anche a partire dall’impossibilità patologica a viaggiare, a partire cioè dall’agorafobia. A partire, in qualche modo, da se stesso. La tesi sostenuta da Freud nella circostanza è che il confinamento spaziale degli agorafobici corrisponda alla rappresentazione del loro confinamento tout court e coincida con la loro restrizione sessuale.
Nel parlare di restrizione sessuale Freud sta parlando anche di se stesso. Se ne sarà accorto Rank? Sappiamo di come Freud avesse anzitempo posto la parola fine alla propria attività sessuale. È Freud insomma l’agorafobo e il ristretto sessualmente. Ora, se il padre è forte, se Freud è forte, vuole tutte le donne per sé e le vieta ai figli. Non c’è triangolo dal quale il padre della psicoanalisi non sia risultato vincitore. Penso a Sabina Spielrein, in qualche modo sottratta a Jung. Penso a Elma Pálos, sottratta a Ferenczi. Penso a Loe Kann tolta a Jones. E in un certo senso anche a Lou Salomé, sottratta, se concediamo il salto del tempo, a Nietzsche.
Se il padre è agorafobo non vuole che i figli viaggino. Se l’agorafobo, come è nella logica delle cose, proietta, allora lo spazio dell’altro diventa ulteriore stimolo alla sua fobia. Viaggiare qui significa in qualche modo la possibilità di emanciparsi sessualmente. Freud vuole che i suoi stiano con le mogli. Li vuole forse ristretti sessualmente. Confinati in un secondo Edipo, smarriti in un accettabile incesto. Quando Rank parlerà degli «oggetti» da cui si è liberato nominerà significativamente insieme la moglie e Freud.
È nell’ottica del viaggio e dell’emancipazione dal complesso paterno che secondo me possono anche esser letti i vari interventi di Rank sulla masturbazione. È singolare che questa tematica sia tra le più ricorrenti tra quelle dibattute alla Società Psicoanalitica di Vienna. E dico singolare nella misura in cui la questione ha attinenza col complesso di connessioni che precedono e, in particolare, con l’opposizione emancipazione/agorafobia rivisitata anche, in termini sessuali, come libertà/restrizione. È certo possibile rileggere la masturbazione in termini di restrizione o claustrofobia, ovvero di un tentativo abortito di emancipazione. Tausk interpretava la masturbazione come rivolta contro il padre. E, tuttavia, tale rivolta, per il modo in cui è espressa e gli esiti cui conduce, conferma il figlio nella sua infantilità.
L’onanista è a conoscenza della impositiva volontà del padre che lui rimanga bambino e, tuttavia, si masturba per fargli dispetto e colpevolizzarlo.
Rank, diversamente, affronta la questione dell’onanismo dal punto di vista della menzogna, patologica, e del determinismo freudiano. Lo fa come relatore il 7 aprile 1909. Nella menzogna è in gioco la coazione a nascondere una verità altra, ovvero un complesso sessuale inconscio. La connessione che Rank stabilisce è con la masturbazione infantile compulsiva, patologica. La masturbazione si lega al mentire dal momento che si tratta di nasconderla, pena la castrazione. Attraverso questa congiunzione, secondo Rank, il meccanismo «normale» del mentire viene ad ancorarsi alla sessualità. Da tale ancoramento emerge poi la capacità per i successivi patologici impieghi. Rank lega al proprio discorso una serie di altre osservazioni, ad esempio quella secondo cui al mentire patologico corrisponderebbe la cleptomania. Soprattutto tiene a rilevare, Rank, che l’interiorizzazione della formula «non devi masturbarti» (conscia) e la sua controparte inconscia «non devi mentire» possono risolversi nella coazione a dire la verità (fanatismo). Questo è il punto che Rank ritiene essenziale e col quale Freud, pure piuttosto critico con i contenuti espressi nella relazione, concorda.
Il punto dunque è il fanatismo per la verità. La risultante di una rimozione riuscita, ovvero di una sublimazione come formazione reattiva secondaria al carattere mendace secondo quanto riferisce Rank il 20 dicembre 1911 in occasione della terza discussione della Società Psicoanalitica di Vienna sulla masturbazione. Ma se il punto è il fanatismo per la verità, ciò non può non farci ulteriormente riflettere sul fatto che la pretesa portata dalla psicoanalisi è pretesa di verità. Noi possediamo la verità, scrive Freud a Ferenczi. Noi psicoanalisti possediamo la verità. Cosa vogliono dire i mercoledì di Rank con quel loro insistere sul viaggio, l’emancipazione, il complesso paterno, la masturbazione etc.? Vogliono forse dire che sono gli psicoanalisti i fanatici della verità, quella stessa con la quale, avrebbe in seguito sostenuto Rank, non si può vivere?