Il lapsus di Ferenczi e i soldi di Freud

S.Freud-S.Ferenczi, Briefwechsel, Band II/1, 1914 bis 1916, Wien-Köln-Weimar, Böhlau, 1997

ferencziIl periodo coperto da questo primo tomo del secondo volume dell’epistolario tocca uno dei punti fondanti della vicenda dei due psicoanalisti: l’analisi cui Ferenczi si è sottoposto con Freud in tre momenti diversi e, legato ad essa, lo snodarsi dell’affaire a quattro Freud-Ferenczi-Gizella-Elma, nonché la prima comunicazione sulla tecnica attiva, la “piccola scoperta scientifica” operata da Ferenczi (e la cui fonte, secondo Hoffer, è la stessa analisi e, insomma, Freud). Il che avviene nella lettera del 17/10/16. Questa lettera acquista per molti versi una valenza irradiante. Segue di poco la fine della terza tranche d’analisi con Freud (finita, ma non terminata, come ha scritto Freud, il 9 ottobre di quell’anno) e contiene un interessante lapsus, il lapsus dell’onorario o, meglio, il lapsus bancario. Che si tratti d’un atto mancato, “Fehlleistung”, è lo stesso Freud nella risposta a rimarcarlo. Ferenczi comunica alla fine della lettera di aver spedito a Freud il suo onorario (1245 corone) da circa otto giorni alla Wiener Bankverein, banca nella quale, secondo quanto Ferenczi crede di ricordare, Freud avrebbe un conto. Freud risponde il 24 ottobre lamentando di non aver ricevuto il denaro e facendo presente al suo corrispondente di non avere nessuna relazione con la banca cui quello ha spedito l’onorario. La vicenda si concluderà positivamente il giorno seguente, come Freud si affretta a comunicare.

freudIl lapsus, comunque, rimane ed è, secondo me, di notevole portata. Appare, poi, impreziosito dall’impiego della preposizione “von” in luogo di “vor” in relazione ai citati otto giorni. Volendo spremere la circostanza per amore di controversia è come se Ferenczi, invece di scrivere “ho spedito l’onorario circa otto giorni fa”, avesse scritto “ho spedito l’onorario di circa otto giorni”. Dal momento che l’ultima tranche d’analisi sostenuta da Ferenczi con Freud si è svolta nel periodo che va dal 25 settembre 1916 al 9 ottobre, Ferenczi starebbe di fatto diminuendo il tempo analitico effettivamente trascorso e, conseguentemente, il denaro che a quel tempo si riferisce.

Ignoro quanto quest’ultimo aspetto del lapsus sia effettivamente sostenibile, tuttavia esso, insieme al grosso dell’atto mancato di Ferenczi (l’invio a una banca con cui Freud non ha nulla a che fare), sembra rispondere al modo in cui Freud ha posto fine all’analisi dello psicoanalista ungherese. Finita, ma non terminata.

Pagata, ma non tutta, ovvero pagata, ma non a Freud. Il lapsus parlerebbe alla lettera d’un onorario decurtato (in ragione d’un tempo decurtato) e, comunque, d’un onorario che non arriva a destinazione, ovvero un onorario che non incontra l’onorato. Dobbiamo presumere che Ferenczi stia inconsciamente elaborando delle critiche, all’indirizzo del Freud analista, che solo più tardi avrebbe avuto il coraggio di esprimere (quando parlerà d’un irrisolto e inanalizzato transfert negativo). Per il momento quel coraggio lo ha trovato l’inconscio col suo atto mancato e, dunque, riuscito.

Numerosi sono gli altri momenti fecondi di scambio in questo volume. Ad esempio le comunicazioni relative a Jung. La perdita di Jung, scrive Ferenczi, ha significato per Freud un ritorno al suo originario modo di lavorare (prendere tutto nelle proprie mani senza affidarsi a un collaboratore). Un infastidito Freud, cui brucia ancora, evidentemente, la secessione dello zurighese, risponde con prontezza. Ferenczi sopravvaluta l’importanza di Jung sulla vita emotiva del proprio corrispondente (così come, sottolinea Freud, la sopravvaluta lo stesso Jung). Ferenczi, come è suo solito, ritorna alla carica ammettendo la sopravvalutazione e stigmatizzando la propria inconscia identificazione con Jung. In altri termini, attraverso Jung, Ferenczi si sta lamentando di essere sottovalutato da Freud. Di non avere la debita importanza per la sua vita emotiva. Di non essere il suo oggetto di desiderio. Jung serve a Ferenczi, per così dire, da senhal. Da donna schermo.

Nella stessa lettera (23 luglio 1914), commentando l’uscita del primo libro di psicoanalisi francese, redatto da Régis e Hesnard, Ferenczi scrive che il vero psicoanalista francese è ancora di là da venire. Affermazione a suo modo profetica. Quello psicoanalista sarà Lacan, il quale, per alcuni versi, continuerà e approfondirà il dettato dello psicoanalista ungherese. Ma questo è un altro racconto, e in buona parte ancora da scrivere. Rimane la convinzione che l’epistolario Freud-Ferenczi sia destinato a imporsi alla nostra attenzione come specchio della storia della psicoanalisi, nelle specie d’una continuata analisi-autoanalisi di un maestro della disciplina, lo psicoanalista ungherese, col suo fondatore.

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Giorgio Antonelli