Duelli onirici. Fulminea storia della psicoanalisi dal punto di vista del sogno

in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 56, Roma, Di Renzo Editore, 2004 – Estratto

Gli psicologi del profondo hanno duellato e hanno duellato intorno al sogno. Mi limito in questo articolo a quattro duelli onirici che hanno in Freud il loro comune interlocutore. Quello tra Jung e Freud è stato un duello vero e proprio, un duello reciproco. Quello di Ferenczi e Freud è stato un duello in presenza. Freud, con grande sofferenza di Ferenczi, lo ha lasciato duellare da solo. Quello di Rank contro Freud, relativamente alla problematica che vado a esaminare, è stato un duello a distanza. Il duello di Lacan con Freud, infine, può essere definito un duello postumo.

Duello nr 2 (in presenza): Ferenczi e Freud

ferencziIn analisi è l’inconscio, se lo si lascia fare, a interpretare. Analizzare il sogno, come lo intendo io, significa analogamente lasciare ogni presa soggettiva sul sogno, ogni sapere del sogno. Significa togliere la testa che pure vorrebbe interpretare, per lasciare che il senso fluisca. L’analisi tutto sommato contiene in sé, a partire dalla propria stessa nominazione, le ragioni seminali del fluire, dello sciogliersi. Quello che i filosofi stoici dicevano del facile fluire della vita illustra meglio di altro il punto. Se il sogno incontra non un soggetto senza testa (l’analista), ma due soggetti senza testa (analista e analizzante), allora proprio non si dà alcuna Widerstand, non s’offre e non soffre alcuna resistenza, al suo fluire. Perché fluisca, in altri termini, l’analisi (e qui voglio trattarla come Omero trattava il sogno), deve incontrare spazi vuoti, gli stessi offerti da analista e analizzante in posizione di oggetti.

L’interpretazione analitica è tale, ed è efficace nella cura, solo a condizione che non sia piena e, dunque, non respinga il sogno che è avido di spazi vuoti da attraversare. Il senza memoria, senza sapere, senza desiderio di Bion appunto questo ha in mente, il farsi di un vuoto, a imitazione diremmo di quel Dio di cui il cabalista Luria ha detto che si è contratto, e dunque svuotato, perché venisse alla luce il mondo (una tesi, questa, di cui Bion, che sapeva di kabbalah, certamente era al corrente). Lo stesso movimento è stato pensato da Lacan e ad esso Perls ha anche assegnato un nome. “ritiro nel vuoto fertile”.

Mi chiedo se non sia in questa direzione, in questa direzione del vuoto, che occorra intendere il sogno di Freud nudo fatto da Ferenczi e da lui brevemente interpretato nella lettera del 3 ottobre 1910. Scrive dunque Ferenczi a Freud nella circostanza:

“Il sogno in cui La vedevo nudo davanti a me – naturalmente senza avvertire il minimo eccitamento sessuale conscio (né inconscio, nemmeno nel sogno) – simboleggia in modo trasparente: 1) la tendenza omosessuale inconscia e 2) la forte aspirazione a un’assoluta sincerità reciproca”.

Mi chiedo se Ferenczi non stia chiedendo a Freud di farsi assolutamente attraversabile contemporaneamente al proprio farsi assolutamente attraversabile. Richiesta impossibile, ovviamente, non perché il farsi completamente attraversabile sia impossibile, deve esserlo se vogliamo che si dia analisi, ma perché, semplicemente, è cosa che non si può chiedere a nessuno sperando di ottenerla. E, ancora, perché se la si chiede, evidentemente non la si ha. E non la si ha, anche se si ritiene di offrirla. Senza contare che l’altro, proprio perché quella cosa che non si ha gliela si offre, non la vuole.

Mi domando in altri termini se aver visto Freud nudo non punti in direzione di un Freud che si svuota. E magari lo fa perché un altro, nello spazio lasciato da quello, possa prender posto. Perché se è di questo che si tratta, l’interpretazione di Ferenczi appare totalmente spostata su un altro piano. Il che deve aver non poco congiurato a ricacciarlo al di sotto del suo desiderio. C’è in effetti un modo dell’interpretare (qualcosa che forse è insito nell’interpretare in quanto tale) che ci mantiene al di sotto della dynamis, della potenza che vuole tradursi in essere, in atto, del desiderio del sogno. La nudità, in altri termini, invece di spazio che accenna al vuoto, all’attraversabilità, alla desoggettivazione, diventa, e del resto così teorizzava lo stesso Ferenczi, il modo adulto di intimidire il bambino. In altri termini, ancora, appunto quella nudità che Ferenczi vorrebbe da Freud, che è anima messa a nudo, vocazione estrema a confessarsi, a dirsi tutto, anche le cose spiacevoli, Freud non la può dare a Ferenczi e non la può dare perché l’ungherese non sa stare pienamente dentro il proprio sogno, anzi sembra essere investito dall’insostenibile prurito di uscirne al più presto. Avrebbe dovuto Ferenczi denudarsi al cospetto del sogno per lasciarsene convenientemente attraversare. Perché soltanto in quel modo, rendendosi totalmente attraversabile, avrebbe potuto incontrare sul suo piano, che è piano insostenibile per l’Io, il desiderio potente del sogno e, anche, la potenza di Freud, quella che ai suoi occhi, a quel tempo almeno, sembrava potenza.

Errava, ovviamente, Ferenczi, prendeva la sua cantonata, fraintendeva, ovvero tracannava la sua dose di Unbewusst, guardava a Freud come a un demonio. Perché di fronte alla parola potente Ferenczi è come muto, ha la gola stretta, si comporta da replica di Dora, la famigerata paziente in relazione alla quale Freud prese anch’egli una cantonata a partire dal proprio controtransfert.

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L'autore
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Giorgio Antonelli