Consolanza filosofica

in La Psicoanalisi, nr. 49, Astrolabio, Roma, 2011

I filosofi sanno cosa sia un setting, quale sia la Wirklichkeit di un setting? Nel setting un altro, il numero due, porta la sua parola e basta questo perché si accenda il turbamento. Se è legittimo affermare che i filosofi mancano il setting, allora è a partire da questo mancare che ad essi subentrano, ovvero pretendono di subentrare, i consulenti filosofici. I quali accettano di confrontarsi col numero due. Confrontandosi col numero due, presumibilmente, sperano di trovare la parola che liberi la filosofia. Il che non implica in loro, comunque, l’agitarsi di una qualche consapevolezza del setting.

Va da sé che questo non agitarsi getta non poche ombre su quel confronto di parola. Diciamo anche che esso getta la parola nell’ombra. Si può dialogare con un altro e non sapere nulla del luogo in cui si sta dialogando. Quel luogo però non è indifferente. Quel luogo, anzi, fa (quasi) tutta la differenza. Quel luogo sprigiona una sua potenza. In questo sprigionare si può anche arrivare a sintetizzare la reale scoperta di Freud. Se le parole volano, il setting rimane là come una roccia. Dalle parti dei seguaci di Jung si parla di temenos, un’area sacra cui è sotteso un taglio, un luogo che eccepisce, che fa differenza con tutti gli altri luoghi. Una volta entrati in quel taglio si può ben sperare di contrarre, a mo’ di morbo, una certa dimestichezza col sacro.

Nell’altra scena della consulenza filosofica, altra almeno rispetto a quella solitariamente filosofica, si è in due. Si arriva addirittura a nominare questo secondo che dialoga col monosangue filosofico come ospite. Nominazione, questa, perlomeno ambigua. La saggezza popolare sa bene quale direzione vi s’imprima. Una direzione, diciamo così, maleodorante. L’altro, dunque, non ce la fa proprio a incastrarsi con l’uno (che è il primo, che fa origine). Si verifica qualcosa come un immaginario accoglimento cui è però sotteso un reale rigetto. Gli ospiti sono graditi secondo una molto limitata ragione temporale. Che ne è qui dell’analisi interminabile di Freud e del suo interlocutore Ferenczi? Che ne è qui di quell’eternità che identifica il come se della direzione della cura secondo lo psicoanalista ungherese?

Se Gerd Achenbach, già da trent’anni iniziatore della voga consulenzialfilosofica, parla di ospite, tale nominazione non può darsi senza un sinistro riverbero sulla persona del consulente. Nello stesso momento in cui lo designa come ospite, infatti, il consulente diventa il padrone (di casa). Suo è dunque un discorso da padrone. Solo un discorso da padrone può indurre a ritenere che il numero due sia un ospite. E cosa caratterizza il discorso del padrone di casa consulenziale? Le buone intenzioni ad esempio: rivolgiti a me, non curiamoci di Edipo (dal momento che è passato), filosofiamo insieme (cioè accogli la potenza della parola filosofica) e i tuoi turbamenti si dissolveranno (una garanzia, questa, che anche i miei di filosofo si disperderanno in un deserto).

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L'autore
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Giorgio Antonelli