Bion sull’angoscia dell’analista e l’entrare in contatto con quello che non si sa

W. R. Bion, Cogitations. Pensieri, 1992. Traduzione italiana di Parthenope Bion Talamo e Silvio A. Merciai. Roma, Armando Editore, 1996 (in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 41, 1997)

L’angoscia dell’analista è uno dei segnali che indica che egli si sta rifiutando di sognare il materiale del paziente: non (sognare) = resistere = non introiettare.

La mancata interpretazione di un sogno è il contributo più potente da parte dell’analista alla produzione di acting-out…

Nella seduta mi occupo di quello che no so. La seduta è l’unico momento in cui posso entrare in contatto con quello che non so.

Ritengo che l’analista debba coltivare una sua capacità di sognare da sveglio.

L’analista deve poter sognare l’analisi mentre questa avviene

cogitations_pensieriSi potrebbe almeno in parte definire questo capolavoro della letteratura psicoanalitica, che raccoglie annotazioni del periodo 1958-1979, il corrispettivo bioniano del Diario clinico di Ferenczi. Lo rende simile al testo dello psicoanalista ungherese la compresenza del discorso teorico con quello più personale, per quanto in Bion il primo prevalga di gran lunga sul secondo. Più profonde, volendo rimanere nel tema del confronto, appaiono alcune consonanze sulla (teoria della) pratica analitica. Quando, ad esempio, Bion sostiene che l’analista deve operare senza desiderio, e vuole con ciò significare che l’analista non deve nutrire alcun desiderio nei confronti della fine della seduta o della cura o, anche, della comprensione, sembra riecheggiare l’assunto ferencziano dell’analisi infinita, ovvero d’una analisi condotta come se il suo tempo fosse eterno, fosse cioè il tempo dell’inconscio. E, oltre a ciò, sembra sviluppare, Bion, il fondamentale discorso di Ferenczi (e Rank) sulla valenza resistenziale dello Zuvielwissen, l’eccesso di sapere, dell’analista. Il testo è corredato da un nutrito e puntuale indice analitico e da una prefazione per l’edizione italiana, curata da Gianni Nebbiosi, nella quale si mostra come Cogitations funga da «elemento cerniera» tra le opere teoriche note al pubblico degli psicolettori e la trilogia Memoria del futuro della quale è stato tradotto in italiano il primo volume, Il sogno (Milano, Cortina, 1993). Utili anche le considerazioni di Parthenope Bion Talamo sullo stile di Bion e sulla traduzione di alcuni termini impiegati da Bion. Un esempio sugli altri: la dizione «attacco al legame», cui il lettore di Bion è stato abituato dalle traduzioni correnti, non corrisponde del tutto all’originale di Bion che suona «attack on linking», dove linking è un sostantivo verbale e indica l’azione, non l’oggetto. La traduzione, scelta ad onta della sua riconosciuta minore eleganza, suona di conseguenza «attacco al (processo del) legare». L’attenzione di Bion al linguaggio è degna di nota per chiunque si interessi di psicoanalisi. Un esempio su tutti è quello costituito dall’analisi dell’espressione «io conosco x», analisi che sembra rimandare a Wittgenstein e ai suoi giochi linguistici oltre che a Bloomfield. «Quando rileggo i miei appunti» scrive Bion «mi sento esasperato dalla loro inutilità« e aggiunge «ma almeno mi esasperano». L’insoddisfazione di Bion, che ha una chiara connotazione linguistica (in buona continuità con una traduzione tutta anglosassone che da Ockham passa per Wittgenstein), costituisce per noi un monito a misurarci ulteriormente coi vocabolari e i giochi linguistici delle psicoanalisi.

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L'autore
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Giorgio Antonelli