Il libro si proprone come utile strumento per la ricerca teorica e la pratica clinica in merito al rapporto transferale e controtransferale. Dopo un’attenta disamina storica sui tentativi terapeutici precedenti la nascita della psicologia dinamica, I’autore sottolinea l’aspetto emotivo della relazione duale che da sempre, secondo la sua ricerca, ha caratterizzato ogni processo terapeutico fondato soprattutto sulle parole. La sua analisi inizia dai tempi di Mesmer per chiudersi ai nostri giorni, non esimendosi dal rivolgere l’attenzione anche a Popper e alle sue critiche nei confronti della psicoanalisi. Muovendosi da queste considerazioni, Carotenuto esplicita che la relazione analitica nasconde pericoli ed insidie, in risposta ai quali si è sviluppata una tecnica che da un lato protegge l’analista da un coinvolgimento, dall’altro si giustifica come una filiazione diretta di alcune concezioni teoriche. Un tema questo non particolarmente approfondito dai contemporanei.
Gli analisti spesso sembrano non voler riconoscere, grazie al noto meccanismo della negazione, che il vero strumento terapeutico è rappresentato dalla loro personalità e dai loro complessi. Secondo Kant, una colomba avrebbe potuto ipotizzare che il suo volo sarebbe stato più agevole senza l’aria. La metafora è chiara: I’analista che vuole escludere la propria complessità psichica dal campo analitico incorre nella stessa illusione. Senza la personale problematicità, senza la ferita nevrotica, non si offrirebbe alcuna possibilità terapeutica. In questo senso più che parlare di controtransfert, sarebbe corretto parlare di due transfert, quello dell’analista e quello del paziente, dal cui incontro può nascere una nuova strutturazione della personalità sofferente.
Il libro è corredato da un’amplissima bibliografia sul transfert e controtransfert, che si offre da questo momento come punto di riferimento indispensabile per chi voglia affrontare l’aspetto più affascinante di ogni terapia analitica, assumendone dati di ricerca molteplici.
Estratto
Un’ultima considerazione emerge da questa visione dei “due transfert” (quello del paziente e quello dell’analista): se è vero che essi vedono la luce in quella specie di laboratorio sperimentale che è il setting, non è meno vero che le radici e l’humus che li nutrono sono nella storia passata del paziente come in quella dell’analista. Le aspettative del paziente fanno scattare in lui il colpo di fulmine, ma la “relazione amorosa” che ne nasce si nutrirà, come ogni amore, del mondo psichico di ambedue e perciò del cammino ciascuno dei due ha percorso fino a questo incontro. È una ragione di più per affermare che il trattamento del paziente incomincia molto prima del primo appuntamento, e persino prima del training dell’analista: incomincia con quegli eventi remoti che hanno favorito e motivato la scelta professionale dell’analista. Forse un giorno non molto lontano, nell’esporre un caso degno di nota, esordirà così: “Nella mia primissima infanzia, a quanto mi hanno raccontato…”. La storia di un trattamento incomincia quando il paziente non è ancora entrato in scena, un po’ come il romanzo di Sterne “La vita e le opinioni di Tristram Shandy” incomincia prima che il suo protagonista sia venuto al mondo.