Adattato da: Giorgio Antonelli, Il mare di Ferenczi. La storia, il pensiero, la vita di un maestro della psicoanalisi, Roma, Di Renzo Editore, 1996
Quando incontrai Freud nel 1919, era un uomo molto vivo
…
poi verso il 1924 accadde qualcosa
…
si ritirò da tutte le riunioni e congressi nel 1924.
E a quell’epoca sviluppò il suo cancro alla mascella.
C’è un episodio che vale la pena di ricordare in merito alle relazioni tra Ferenczi e Reich o, meglio, alla conoscenza che Reich aveva dei rapporti tra Freud e Ferenczi. Il 18 e 19 ottobre 1952 a Orgonon, Rangely, nel Maine, Reich concede un’intervista, poi pubblicata in volume col titolo Reich parla di Freud, nel corso della quale il nome di Ferenczi compare in una circostanza molto interessante. Reich accenna ad un certo punto al contrasto sorto tra Freud e Ferenczi (presentato come l’unico degli allievi con cui Freud veramente intrattenne rapporti sociali). È ovvio, dal contesto e per motivi squisitamente storici, che a riguardo Reich è ben informato e che in qualche modo sta suggerendo una domanda all’intervistatore. Domanda che l’intervistatore non pone glissando ad altro argomento. Di Ferenczi e Freud, del loro contrasto non vale insomma la pena di tentare un approfondimento. Il che, dal mio punto di vista, corrisponde a un vero e proprio atto mancato e rimanda dunque, di converso, a una dinamica conflittuale. La mia impressione è che, nel contesto delle risposte date da Reich e che sono a loro modo esplosive, un approfondimento della querelle Ferenczi-Freud sia sembrata un azzardo da evitare. È evidente che Reich aveva di Ferenczi un giudizio favorevole, giudizio ad esempio espresso in modo inequivocabile in un testo pubblicato dieci anni prima che l’intervista avesse luogo, La funzione dell’orgasmo. In esso si trova scritto di Ferenczi che era “un uomo dotatissimo e davvero straordinario sul piano umano” e uno che si era reso “perfettamente conto della miseria terapeutica”. Si può ipotizzare che un tale atteggiamento nei confronti di Ferenczi fosse ritenuto, in sede d’intervista, lesivo delle ragioni dell’oggettività storica o simili. Cosa può dire un eretico della psicoanalisi come Reich in merito a un altro eretico della psicoanalisi come Ferenczi che non sia in qualche misura lesivo di Freud? L’impressione, se non l’ipotesi, è avvalorata inoltre dal fatto che il testo comprensivo dell’intervista fu pubblicato nel segno di un dichiarato dissenso da parte dell’ortodossia psicoanalitica. Nella prima delle pagine di introduzione figura infatti la seguente nota: “La pubblicazione dell’intervista contenuta in questo volume non avviene per desiderio né per il consenso o l’autorizzazione del Sigmund Freud Archives, Inc, o del dott. R. K. Eissler” e più avanti: “Gli Archivi e il dott. Eissler non assumono alcuna responsabilità per le opinioni e le dichiarazioni del dott. Reich contenute in questo libro”. Viene inoltre specificato che la “politica” e la “prassi” dei Sigmund Freud Archives consistono nel sigillare le interviste condotte per suo conto per un periodo che va dai 50 ai 100 anni. Per una peculiare serie di circostanze, che rientrano a buon diritto in ciò che chiamiamo “ironia della sorte” o “nemesi storica” o che, con linguaggio junghiano, potremmo dire “enantiodromia” (l’inesorabile correre di tutte le cose in direzione del loro opposto), fu proprio Eissler a introdurre Masson ad Anna Freud e, per questa via, agli archivi Freud. Dal che Masson trasse la materia prima, come vedremo in seguito, per stigmatizzare, tra l’altro, la posizione assunta da Freud nei confronti di Ferenczi, in particolare per quanto riguarda la concezione del trauma. E chissà se quello di Anna Freud nei confronti di Masson non sia anch’esso da includere nella categoria degli atti mancati.