Adattato da: Giorgio Antonelli, Il mare di Ferenczi. La storia, il pensiero, la vita di un maestro della psicoanalisi, Roma, Di Renzo Editore, 1997
Groddeck scrive a Gizella, moglie di Ferenczi, una lettera (datata 19 febbraio 1934) in cui espone il proprio punto di vista sullo psicoanalista ungherese. “Talvolta “scrive Groddeck “ho cercato di richiamare la sua attenzione sul pericolo della strada che aveva intrapreso; ma non si poteva aiutare Sándor, più di quanto fosse possibile arrestare un torrente impetuoso coll’incavo della mano”. Cosa intende dire Groddeck? Intende forse dire che è stato Ferenczi, con la sua inflessibile e abissale esplorazione del mondo, a portare alla morte se stesso. “Davanti a me” continua Groddeck “ha usato l’espressione: io atomizzo l’anima. Ma una tale atomizzazione, se viene tentata seriamente, non può che concludersi con una dissoluzione di se stessi, giacché l’altro uomo è e resta per noi un mistero; noi non possiamo atomizzare che la nostra stessa anima, e questo ci distrugge”.