Silenzi di Freud
(tratto da “I silenzi e la psicoanalisi”, Rassegna bibliografica a cura del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, coordinata da Giorgio Antonelli, in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 43, Napoli, Liguori, 1998)
1) La testimonianza di Abram Kardiner, in L. Albano, Il divano di Freud. Memorie e ricordi dei pazienti di Sigmund Freud, Parma, Pratiche, 1987.
In analisi Freud parlava. La testimonianza di Abram Kardiner (tratta dall’autobiografico My Analysis with Freud. Reminiscences, New York, Norton, 1977, tradotto in italiano col titolo Una piccola nevrosi, Roma, Sesamo, 1977) è interessante per più d’un verso. Sicuramente Freud parlava in analisi. Ma non con tutti. Parlava con Kardiner, per l’appunto, ma non con gli inglesi, con Jones e Rickman ad esempio. Quest’ultimo sospettava che durante il suo silenzio Freud dormisse e una volta era giunto anche a dirgli: «Quello di cui parlavo non era molto importante, Herr Professor, quindi può rimettersi a dormire». Kardiner sembra trarre dalla conversazione avuta con Jones e Rickman (meravigliati dal fatto, per loro eccezionale, che Freud con lui parlasse), conseguenze di vasta portata relativamente allo stile analitico degli psicoanalisti inglesi. «Ero incline a credere» scrive Kardiner «che la condotta di Freud nei riguardi di questi studiosi inglesi avrebbe dato adito alla scuola inglese di psicoanalisi, in cui l’analista non dice nulla in alcun momento, salvo Buongiorno o Arrivederci». Lo stile analitico inglese sarebbe dunque nato dall’equazione linguistica di Freud, la sua idiosincrasia per certi pazienti e, anche, la sua idiosincrasia per la lingua inglese.
2) La testimonianza di Mark Brunswick, in P. Roazen, How Freud worked. First-Hand Accounts of Patients, Aronson, 1995.
Anche la testimonianza di Mark Brunswick conferma l’immagine d’un Freud che non s’attiene a nessuna regola del silenzio. «Sebbene Freud parlasse probabilmente troppo con Mark» osserva Roazen «allo stesso tempo poteva sembrare il più silenzioso degli uomini».
3) La testimonianza di Joan Riviere, in Freud as we knew him, edited and introduced by Hendrik M. Ruitenbeek, Detroit, Wayne State University Press, 1973).
Joan Riviere ricorda come, nella prima ora di analisi con Freud (l’anno è il 1922), proprio questi fosse stato il primo a parlare. «Bene, so già qualcosa sul suo conto: lei ha avuto un padre e una madre!» disse nell’occasione il padre della psicoanalisi. È interessante, a riguardo, il commento tra le righe della Riviere. L’intervento di Freud (il suo aprire l’ora analitica parlando) era «contrario alla regola». C’è di che avvalorare l’ipotesi di Kardiner.
Reik su Freud
Freud non valutava il comportamento del paziente Reik secondo le categorie del bene e del male. La sua opinione si orientava secondo le categorie del forte e del debole, della forza o della debolezza dell’Io. (Reik)
Hartmann su Freud
Freud analizzava in modo molto libero, molto più libero di quanto facciamo oggi. (Hartmann)
Raymond de Saussure su Freud
In occasione del Congresso dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale a L’Aia, nel 1920, De Saussure conosce Freud e decide di sottoporsi a un’analisi didattica con lui. Freud, afferma De Saussure, non aveva una buona tecnica analitica. Ciò era dovuto al fatto che non era stato analizzato. Freud non sapeva aspettare che una verità, divenuta manifesta a lui, divenisse manifesta anche al suo paziente. Cercava subito di convincerlo e, conseguentemente, parlava troppo.
Racker su Freud
Freud intrerpretava “costantemente, dando interpretazioni dettagliate e talvolta assai estese (parlando più o meno quanto il paziente); la seduta è insomma un vero e proprio dialogo.” (Racker)
Sarasin su Freud
In occasione di un’intervista con Paul Roazen (in The Historiography of Psychoanalysis) Sarasin riferisce come Freud fosse estremamente umano nella sua tecnica. In altri termini non disdegnava di parlare di sé. Lo psicoanalista Freud poteva anche chiacchierare. L’impressione di Sarasin era che nel setting con Freud non potesse accadere nulla di negativo. Si sentiva come a casa propria.