Vittorio Guidano – Psicoterapia cognitivo-interpersonale. Compendio al manuale di psicologia cognitivo-interpersonale

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 5, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2007

Fra i tre contributi dell’ARPCI -attaccamento di Bowlby, SASB di Benjamin e psicologia cognitiva post-razionalista di Guidano (1944-1999)- probabilmente questo ultimo, italiano, costituisce la matrice più fertile. Il pensiero di Guidano è stato ispirato dal revisionismo costruttivista in ambito cognitivo. Esso è espresso compiutamente in tre opere: Cognitive process and emotional disorders (1983), La complessità del Sé (1987) e Il Sé nel suo divenire (1991). La prima è scritta a quattro mani con Liotti mentre le altre sono indirizzate ad un approfondimento della teoria del Sé, in chiave evolutiva.

Il progetto di Guidano è ambizioso. Nasce dalla delusione per il cognitivismo classico, di cui tuttavia si continua ad apprezzare la comprensibilità del linguaggio (di cui Guidano è cattivo erede), la ricerca di sperimentabilità degli assiomi, e il desiderio di aderenza ai problemi concreti che il paziente riferisce in analisi.

Per superare i vecchi modelli cognitivi, che pure avevano garantito un approccio clinico meno dogmatico del precedente, Guidano volge lo sguardo a Bowlby e alla sua teoria dei Modelli Operativi Interni (MOI). I MOI sono le strutture che presiedono alle azioni degli individui. Si configurano nell’individuo in maniera abbastanza stabile già a partire dai 6 anni. Essi si plasmano in base al tipo di attaccamento –sicuro, ambivalente o evitante (a cui in seguito è stato aggiunto l’attaccamento disordinato/disorganizzato)- che il bambino sperimenta con le sue figure di riferimento significative.

La funzione dei MOI è di interpretare e comprendere l’esperienza in corso e di prevedere e pianificare le esperienze future, il tutto a partire dai precedenti vissuti emotivi. Nella sua trilogia di scritti Bowlby si dimostra orgoglioso di poter supportare le proprie tesi con una grande messe di confronti etologici e con esperimenti clinici –in particolare la Strange Situation di Mary Ainsworth- che diventeranno la dimostrazione e il paradigma (un po’ sopravvalutati) dell’intero suo pensiero.

I MOI costituiscono il corrispettivo psicodinamico del costrutto di schema. Costrutto che già Bartlett (1974) aveva con coraggio introdotto nel campo del comportamentismo. Ma soprattutto i MOI permettono al cognitivismo post-razionalista di Guidano di elaborare senza affanni e con solido fondamento teorico il concetto di ‘organizzazione di significato personale’. Lunga definizione che oggi alcuni autori, come Arciero, sostituiscono volentieri con ‘stile di personalità’.

Le organizzazioni di significato, al pari dei MOI, sono il frutto della genetica, delle interazioni e del livello di sviluppo cognitivo e affettivo a cui è pervenuto ciascun individuo. Finchè riesce a dare alle esperienze un significato coerente con i propri schemi il soggetto si mantiene adattato. Se invece le situazioni superano l’elasticità delle griglie interpretative, il sistema perde la capacità di coerenza interna e si produce uno scompenso, che dal punto di vista clinico può significare: disturbo psicopatologico.

A distinguere il soggetto normale da uno in stato di patologia è la flessibilità e l’integrazione con cui vengono coniugati gli avvenimenti dell’esistenza quotidiana. Il cambiamento terapeutico nella prospettiva post-razionalista coincide proprio con una riorganizzazione del significato personale, che ridiventa capace di assimilare lo squilibrio grazie ad un implemento di complessità.

In Guidano le emozioni giocano un ruolo decisivo. E questo rappresenta una delle maggiori distanze dal cognitivismo classico. Ogni esperienza psicoterapeutica si fonda sull’introduzione di nuove tonalità affettive con cui sostituire le emozioni bloccate. Nessun processo di cambiamento può avvenire senza che ne sia coinvolta la sfera emotiva.

Da questo punto di vista il cognitivismo si differenza sia da Bowlby che dalla terapia cognitiva standard (TCS) di Beck e di Ellis, detta anche ‘razionalista’. Bowlby lavora sulle emozioni dei pattern di attaccamento del passato, la TCS sulle cognizioni distorte del presente, Guidano su entrambi.

Il post-razionalismo chiama la dimensione emotiva ‘memoria tacita’ o ‘procedurale’ (come la definisce Bara ). E chiama il pensiero verbale ‘memoria esplicita’ o ‘dichiarativa’. Al posto di memoria usa talora il termine intelligenza. Si ricompone così all’interno di un cognitivismo più maturo –ma ai puristi delle scuole questa analogia scandalizzerà- il medesimo confronto che la psicoanalisi indicava come rapporto fra Io e Inconscio. Al posto del lavoro sui simboli, il post-razionalismo preferisce parlare di ‘decodifica delle metafore’. Mi sembra però che il cuore del discorso resti immutato.

L’accrescimento della coscienza di entrambe le dimensioni e in particolare lo svelamento del livello tacito –che è anche l’obiettivo di ogni psicoterapia cognitiva post-razionalista- è chiamato metacognizione o conoscenza metacognitiva (Semerari ).

Lo stratagemma del terapeuta -dice Guidano recuperando una vecchia distinzione di William James- si basa sulla capacità di mantenere l’alleanza e allo stesso tempo di operare criticamente sui referti clinici, per discernere nel paziente l’Io che esperisce dal Me che interpreta. Solo permettendo al terapeuta di insinuarsi fra le crepe emotive e cognitive del proprio livello tacito, cioè della propria inespressa e angusta pre-comprensione del mondo, il paziente si dispone ad arretrare per aprirsi a nuovi e più vasti orizzonti.

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Antonio Dorella