Perls e Ferenczi a confronto

Adattato da: Giorgio Antonelli, Il mare di Ferenczi. La storia, il pensiero, la vita di un maestro della psicoanalisi, Roma, Di Renzo Editore, 1996.

Quando il fondatore della terapia della Gestalt, Fritz Perls, scrive nella sua autobiografia, con riferimento al suo passato di aspirante psicoanalista, di essersi sentito «intrappolato nella rigidità dei tabù psicoanalitici: l’ora esattamente di 50 minuti, nessun contatto visivo e sociale, nessun coinvolgimento personale (controtransfert)» sentiamo un’aria di famiglia, una certa parentela col il dettato di Ferenczi, dell’ultimo Ferenczi almeno. E anche le pagine nelle quali Perls racconta del suo deludente incontro con Freud richiamano analoghe pagine del Diario Clinico di Ferenczi. Perls voleva dimostrare al mondo psicoanalitico che esistono resistenze orali, per sentirsi rispondere che le resistenze sono soltanto anali. E, poi, anche la sua sensazione di non aver chiuso i conti con Freud, di non aver «mai avuto un incontro da uomo a uomo con Freud, per mostrargli gli errori che ha fatto» appare significativo alla luce della relazione che con Freud ha avuto Ferenczi. Perls si dice inoltre «infettato» per sette anni da Freud e ciò richiama alla mente analoghe accuse mosse da Ferenczi all’indirizzo del suo maestro. E toccanti oltre che consonanti sono le parole che Perls pronuncia in occasione d’una delle sue sedute con la «sedia bersaglio», una seduta nel corso della quale Perls pronuncia le seguenti parole idealmente rivolto a Freud, parole nelle quali l’eco lontana di Ferenczi appare ancora avvertibile: «Vorrei essere il tuo paziente in questa situazione…vorrei tanto che mi ascoltassi. In un certo senso ne so più di te» .

I conti con Freud, Perls non è riuscito a farli (e nemmeno Ferenczi). Il grande dolore che Perls sente per la morte di Freud è legato a questa Gestalt incompiuta: Freud è morto prima che egli potesse parlargli da uomo a uomo. Per dirgli cosa? Per dirgli che è un grande uomo, ma un grande uomo malato, uno che non permette a nessuno di toccarlo, per dirgli ancora che a dispetto del suo difendere il sesso Freud lo ha tolto «dal contesto totale della vita» lasciandosi così sfuggire la vita stessa.

Per altri versi Perls non dà affatto prova di conoscere Ferenczi. Frequenta, negli anni venti e trenta, il circolo psicoanalitico (Reich, Fenichel, Horney, Deutsch, Federn, Jones etc.) e cita numerosi psicoanalisti, ma non fa mai il nome di Ferenczi. Altrove sembra attribuire a Freud il concetto di introiezione . E sappiamo che il concetto di introiezione costituisce uno dei cardini della terapia della Gestalt. Anche nel testo base di questo indirizzo psicologico, quel Teoria e Pratica della Terapia della Gestalt, scritto da Perls con Ralph Hefferline e Paul Goodman, il capitolo dedicato alla introiezione menziona, per criticarlo, Freud, ma non menziona Ferenczi.

C’è da rilevare comunque che, per un certo periodo (un anno e mezzo), Perls è stato in analisi con lo psicoanalista ungherese Eugen Harnick. Può aver avuto da questi notizie di prima mano su Ferenczi, anche se la cosa appare improbabile in ragione della estrema, capillare ortodossia di Harnick nel concepire la propria professione di psicoanalista. Dalla autobiografia di Perls desumiamo in effetti la totale e perfino risibile passività di Harnick. Perls era particolarmente refrattario alla regolarità forzata della terapia psicoanalitica e non è casuale che si sia trovato a suo agio soltanto con analisti a loro modo irregolari come la Horney (la sua prima analista) e, soprattutto, Wilhelm Reich (che lo ha analizzato dopo Clara Happel e Eugen Harnick). In questa insofferenza per la regolarità non spontanea della psicoanalisi e per la sua ostentata passività Perls appare sicuramente vicino al Ferenczi della tecnica attiva e della neocatarsi. Non ci sorprende che Marie Bonaparte abbia espressamente invitato Perls a dimettersi dall’IPA, cosa che Perls rifiutò di fare. Anche Lacan dovrà subire l’ostracismo del mondo psicoanalitico a partire da questa «nemica» francese. Ed è curioso ma certamente istruttivo constatare che là dove troviamo degli psicoanalisti ostracizzati, troviamo anche psicoanalisti consonanti con Ferenczi. E’ il caso di Perls e Lacan, ma anche di Rank, ad esempio, e di Karen Horney. Del resto, come Ferenczi è stato l’enfant terrible della psicoanalisi, Perls lo è stato della Gestalt. Senza contare, poi, che lo psicoanalista ungherese, come ha scritto Serge Ginger, può essere a buon diritto considerato il nonno della Gestalt.

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Giorgio Antonelli