Nietzsche, il superuomo e Freud

Tratto e adattato da G. Antonelli, Schizzi genealogici psicofilosofici, in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 6, Giovanni Fioriti Editore, Roma, aprile 2008

A proprie spese, nel 1884, Nietzsche fa stampare 40 copie della quarta (e ultima) parte di Così parlò Zarathustra. L’interrogativo portante dell’opera suona: come può essere superato l’uomo? Che potrebbe essere ridefinito nel modo, nietzscheano, seguente: come può imparare l’uomo a partorire fulmini?

Il testo di Nietzsche sarà commentato (non integralmente) parola per parola da Jung in un seminario tenuto in lingua inglese nel periodo 1934-1939. Nella sezione “Delle tre cose malvagie” (terza parte di Così parlò Zarathustra) Jung legge la profezia nietzscheana dell’avvento della triade Freud-Adler-Jung. Di cosa parla infatti Nietzsche in quella sezione? Di voluttà, sete di dominio ed egoismo (il quale ultimo Nietzsche e Jung concordano nel ritenere santo piuttosto che sintomo). E cosa sono voluttà, sete di dominio ed egoismo? Sono i tre pensieri fondamentali della triade psicoprofonda: sesso (libido) (Freud), volontà di potenza (Adler) ed egoismo/individuazione (Jung).

Cosa ha annunciato della psicologia del profondo Nietzsche? Pressoché tutto. Ne erano consapevoli i pionieri della psicoanalisi riuniti attorno a un recalcitrante Freud, ne era consapevole Rank, ne era consapevole Jung. Il quale ultimo riconosce che Nietzsche è stato un grande psicologo, uno che si è reso conto dell’equazione filosofia=psicologia, uno che ha anticipato la psicologia moderna, ad esempio nel mettere a fuoco la connessione virtù-passioni, nel nominare il Sé e pensarlo come costituito da coppie di opposti e dalla loro riconciliazione, nel fiutare i motivi oscuri a ridosso degli atteggiamenti e delle azioni, nel ritenere che l’uomo non dimentichi nulla, nell’ipotizzare che si dia un’intenzionalità inconscia, nel concepire l’esistenza della sessualità sublimata, nell’aver compreso aspetti fondanti della psicologia del sogno.

Ventotto anni dopo l’uscita della quarta parte del Così parlò Zarathustra Groddeck aggiungerà un’altra anticipazione nietzscheana della psicoanalisi in una lettera inviata a Freud. “Io credo” scrive Groddeck “che l’ES lei l’abbia preso da Nietzsche”. Se fosse vissuto ai suoi tempi, sostiene ancora Jung, Nietzsche non avrebbe potuto a meno di fare l’analista. E Jung si propone a suo modo come l’analista (e l’analista didatta) di Nietzsche. L’oltreuomo di Nietzsche partorisce (quasi) il fulmine psicoanalisi. Diciamo anche che Nietzsche partorisce il desiderio della psicoanalisi di partorire l’oltreuomo.

Nietzsche avrebbe potuto leggere nella psicoanalisi appunto l’esplicarsi di un esperimento del genere. Avrebbe potuto leggere il setting come una sorta di matrice di base di quell’esperimento. Che lo cose stiano (anche) in questi termini lo scriverà Freud espressamente, anzi lo scriverà attraverso Freud un suo prodigioso lapsus. Chi è il superuomo? “Io sono quel superuomo psicoanalitico” scriverà Freud a Ferenczi omettendo il nicht, il non: “Ich bin auch jener psa. Übermensch”.

Il lapsus gode di radici antichissime e, rimanendo nei limiti temporali di questi schizzi psicogenealogici, appare già contenuto nell’invenzione filosofica, nella nominazione filosofica della psicologia. Nella lettera inviata a Freud il 29 giugno 1912, Binswanger scriverà come, nella lettura della Interpretazione dei sogni, lo abbia colpito l’enorme volontà di potenza del suo autore, volontà volta al dominio degli uomini. Freud avrebbe operato, secondo Binswanger, una sublimazione perfetta della sua pulsione di dominio trasponendola nella dominazione psichica degli uomini. Avrebbe colto, in questo rilievo, Binswanger, ciò che muove il desiderio degli psicoanalisti?

Foucault scriverà che di questa cifra del setting (l’esercizio del potere) i suoi interlocutori psicoanalisti non vogliono saperne. Ripeteranno in questo modo, anche senza saperne nulla, la risposta di Freud a Binswanger. Cosa scrive, infatti, Freud, a Binswanger? Che non lo vuole contraddire sulla questione, dal momento che lui, Freud, della volontà di potenza non sa nulla. Resta il lapsus, comunque, a testimonianza della filiazione nietzscheana e superomistica della psicoanalisi e restano le percezioni degli interlocutori di Freud.

Lou Andreas-Salomé, ad esempio, sosterrà che il superuomo costituisce il fine della psicoanalisi. Il romanziere Arnold Zweig, dal canto suo, scriverà che Nietzsche è (nel senso della concezione figurale applicata da Auerbach alla Commedia di Dante) figura di Freud e che, cioè, Freud compie Nietzsche. Se Nietzsche ha annunciato l’Anticristo, Freud è l’Anticristo; se Nietzsche ha parlato di una trasvalutazione di tutti i valori, ebbene questa si fa evento nell’analisi, così come in analisi si realizza l’al di là del bene e del male e la liberazione dall’ideale ascetico; analogamente Totem e Tabù invera la Nascita della tragedia.

Sulla questione del superuomo Freud ritornerà in Psicologia delle masse ed analisi dell’io (1921). Il superuomo di Nietzsche vi verrà paragonato al padre dell’orda primordiale. “Supponiamo” scriverà Freud “che il suo Io [l’Io del padre dell’orda] fosse scarsamente legato libidicamente, che non amasse alcuno all’infuori di se medesimo e che amasse gli altri solo se e in quanto servivano ai suoi bisogni. Il suo Io non cedeva agli oggetti nulla che non fosse strettamente indispensabile. Agli inizi della storia umana questi fu lui il superuomo che per Nietzsche possiamo aspettarci solo dal futuro”.

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Giorgio Antonelli