Karen Horney: Questioni di tecnica

Un analista non può condurre un paziente più in là del punto al quale il paziente stesso vuole arrivare.

Una analisi completa non esiste.

Mi riferisco al vero sé come a quella centrale, intima forza, comune a tutti gli esseri umani eppure unica in ciascuno, che è la profonda determinante dello sviluppo individuale.
Il primo mutamento d’indirizzo apparve in un saggio di Ferenczi e Rank, in un periodo in cui la psicoanalisi si basava ancora sulla nozione della necessità di far rivivere al paziente le esperienze dell’infanzia. Ma l’importanza di questo saggio non stava tanto nell’attenzione riservata in massima parte alle esperienze infantili, quanto piuttosto al risalto che esso dava alle esperienze emotive.
Un contributo su Le tecniche di Karen Horney, scritto da H. Kelman e J. W. Vollmerhausen è incluso nel Manuale delle tecniche psicoanalitiche e psicoterapeutiche di B. B. Wolman (1967, ed. it. 1974)
Horney did not question that childhood experiences were formative. She did believe, though, that therapy would work better if the focus was on the present.
Così la biografa H. S. Tyler. C’è da chiedersi se e quanto abbia influenzato questa posizione della Horney la sua lettura degli psicoanalisti eterodossi (includendo nel novero anche Perls) e, in particolare, se e quanto abbia esercitato un’influenza su di lei il pensiero di Rank.

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