Gaiarsa duella oniricamente con Jung

Tratto da Giorgio Antonelli, Discorso sul sogno, Lithos Editrice, Roma, 2010

Si pensi, a tale riguardo, al modo in cui lo psichiatra brasiliano si è messo sulle tracce di un paziente trattato da Jung ridefinendone il caso a partire da due suoi sogni. L’uomo in questione, di origini umili, ha raggiunto una buona posizione sociale. Consulta Jung nel momento in cui vorrebbe spiccare un volo più alto, perché in concomitanza con la sua aspirazione accusa nausee, capogiri, senso di insicurezza e, insomma, sintomi simili a quelli del mal di montagna. Durante la seduta racconta a Jung due sogni fatti la notte precedente. Nel primo si ritrova nel paese natìo e finge di non conoscere i propri ex-compagni di scuola. Uno di questi, additandolo, dice che torna al paese soltanto di rado. Il sogno appare chiaro a Jung: il sognatore si è dimenticato di aver cominciato dal basso. Nel secondo sogno l’uomo è in partenza e sta frettolosamente facendo i propri bagagli. Una volta in strada si accorge di aver dimenticato una borsa che contiene documenti importanti e torna indietro per prenderla. Si precipita poi alla stazione, ma riesce soltanto a vedere il treno che sta partendo. Si rende conto che le ultime vetture, a causa della strana traiettoria a S seguita dal treno, rischiano di essere sbalzate fuori dai binari. Cerca di gridare. Accade quanto temuto: una catastrofe spaventosa. Il sognatore si sveglia in preda all’angoscia. Anche in questo caso Jung ritiene del tutto chiaro il senso del sogno. Esso rappresenta l’aspirazione del sognatore ad avanzare sempre di più, a non accontentarsi delle posizioni acquisite. La sua ambizione lo sospinge in direzione di “un’atmosfera rarefatta che non è più per lui. Perciò lo colpisce la nevrosi ammonitrice”. Il trattamento del paziente, Jung non spiega perché, cessa. Ammette comunque, Jung, che le proprie interpretazioni non avevano soddisfatto l’uomo affetto dal “mal di montagna”. Quello che gli accadde in seguito, comunque, sancì il responso del sogno.

Gaiarsa riprende i due sogni del paziente di Jung e li riconduce alla comune matrice respiratoria. I sintomi descritti da Jung stanno tutti a indicare che il paziente soffre di un’accentuata insufficienza respiratoria. Quanto più si ascende, tanto più rarefatta è l’aria e minore è la quantità di ossigeno. Dove ha sbagliato Jung, dunque? Perché di questo si tratta in un duello onirico, per quanto postumo come quello ingaggiato da Gaiarsa. Jung ha sbagliato perché si è accontentato del valore allegorico della sintomatologia accusata dal paziente.

In una disamina dei due sogni condotta all’ombra di Reich, oltre che dello stesso Jung, e anche, aggiungo io, di Adler, Gaiarsa rilegge il sogno del paziente affetto da mal di montagna dal punto di vista del corpo, dal punto di vista della postura forzata e della loro relazione con la respirazione. L’atteggiamento del sognatore, descritto dai suoi due sogni, è quello tipico dell’orgoglioso, cioè di chi, adlerianamente, aspira alla superiorità. I correlativi corporei oggettivi dell’atteggiamento di superiorità sono la testa sollevata, il petto gonfiato, le spalle alzate. Il tutto configura una posizione d’inspirazione forzata persistente, a tal punto unilaterale, aggiungo io, da richiedere ed elicitare l’intervento compensatorio del sogno, e che ben si coniuga col disprezzo riservato dal paziente agli ex-compagni di classe.

Di fatto l’approccio seguito da Gaiarsa appare del tutto tradizionale e non si discosta nello spirito da quel trattato, Sulla dieta, risalente alla prima metà del IV sec. A.C., nel quale si afferma che l’anima sogna il corpo e, insomma, sogna le unilateralità, le insistenze, le sofferenze, le insufficienze del corpo. Il paziente, continua Gaiarsa, mantiene un atteggiamento cronico di allerta. Un’analisi del sangue di questo paziente avrebbe senz’altro consentito di rilevare un’iperglobulia, indizio del fatto che il paziente respira male. Il paziente era dominato da uno spirito incapace di piegarsi. Sempre inspirante, il paziente aveva un torace poco adatto a espirare. Perché? Perché il movimento dell’espirazione è un movimento passivo e sta a indicare una resa. Questi pazienti sono incapaci di arrendersi, di piegarsi, di rinunciare. In relazione al proprio sogno il paziente non ha saputo trasformarsi in soggetto acefalo, così come Jung non ha saputo farlo in relazione ai suoi sogni. Se l’avesse fatto, si sarebbe potuto portare dalle parti del corpo, dalle parti della respirazione e avrebbe saputo trascendere la maschera allegorica (l’interpretazione) che non poteva soddisfare nel profondo il paziente. Gaiarsa si chiede quindi se il paziente avrebbe rinunciato alla cura, qualora gli fosse stata data una spiegazione altra da quella allegorica fornitagli da Jung.

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Giorgio Antonelli