Aiutato da E. Jones, nel 1935 fonda a Johannesburg l’Istituto Sudafricano di Psicoanalisi. Si trasferisce, dopo dodici anni, negli Stati Uniti. Nel 1951 pubblica, insieme a R. Hefferline e P. Goodman, Gestalt Therapy (“Terapia della Gestalt”), un testo cardine della psicologia gestaltica… Conduce a Esalen, in California, vari e celebrati seminari; la località diventa luogo di pellegrinaggio anche per autori come G. Bateson, A. Lowen, E. Berne, S. Grof ecc…
Il pensiero di P. … è stato variamente sistematizzato e ulteriormente elaborato a cominciare dalla moglie e da P. Goodman (1911-1972), uno scrittore e anarchico che era stato in analisi con A. Lowen, per continuare coi gestaltisti delle generazioni immediatamente successive (I. From, J. Latner, E. e M. Polster, J. Simkin, J. Zinker e altri).
L’approccio della Gestalt è approccio sistemico, l’individuo vi è concepito come funzione del campo organismo/ambiente. Il termine stesso “Gestalt” rimanda alla nozione di struttura e di totalità. P. sostiene che non soltanto la natura umana è organizzata in strutture e totalità, ma è anche sperimentata dall’uomo in questi termini. Ciò ha a che vedere con quel processo fondamentale della vita, l’omeostasi, attraverso il quale l’organismo soddisfa i propri bisogni. Ridefinendo il rapporto figura/sfondo studiato dagli psicologi della Gestalt, P. parla di bisogno dominante che diventa figura di primo piano e di bisogni che recedono sullo sfondo. Il bisogno dominante recede a sua volta sullo sfondo quando è soddisfatto e al suo posto diventa figura (Gestalt) il bisogno immediatamente successivo in ordine di importanza. Il nevrotico è essenzialmente una persona che interrompe il ciclo di soddisfazione dei bisogni (detto anche “ciclo di contatto”).
L’approccio della Gestalt è riassunto da P. in quattro parole: Io e Tu, Come e Adesso. L’espressione “Io e Tu” (mediata da Buber) sta a indicare la relazione autentica che s’instaura tra terapeuta e paziente al di là delle teorie e delle norme precostituite, nel segno d’una conduzione artistica e creativa del rapporto terapeutico e nel rispetto della singolarità d’ogni essere umano.
Non basta più allora confinare l’espressione dei sentimenti, degli impulsi, delle emozioni alla sola verbalizzazione. Tanto più che verbalizzare non significa affatto comprendere, un equivoco questo della relazione d’implicazione tra conoscenza intellettuale e comprensione, sul quale si basa, secondo P., gran parte dell’analisi freudiana. I sentimenti, gli impulsi e le emozioni vanno vissuti, vanno agiti, anzi P. si spinge a teorizzare la liceità per il terapeuta di avere rapporti sessuali coi pazienti. Con la Gestalt il corpo, il grande escluso, ritorna da protagonista sulla scena della terapia.
Il nevrotico, essenzialmente, non sa vivere l’adesso. L’espressione “Come e Adesso” sta a indicare l’emergenza del presente, del qui e ora… Per A. la riconduzione della nevrosi al passato traumatico ha l’effetto di rinforzare la nevrosi stessa piuttosto che destrutturarla. Si tratta anche qui di un equivoco di fondo della psicoanalisi, ritenere che la riconduzione del sintomo al suo significato inconscio ne comporti automaticamente la sparizione. Lungi dall’essere verbale e interpretativa, la terapia della Gestalt si propone dunque come esperienziale, nel senso che i pazienti non parlano del loro passato, dei loro sogni ecc., ma li sperimentano nuovamente…
Feconda è la sua eredità, come testimoniano i vari istituti, società, centri e scuole disseminati nel modo, dagli Stati Uniti al Canada, dall’America centrale e meridionale all’Europa e al Giappone. Risale al gennaio del 1985 la fondazione della SIG, la Società Italiana di Gestalt.