Tratto e adattato da G. Antonelli, Schizzi genealogici psicofilosofici, in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 6, Giovanni Fioriti Editore, Roma, aprile 2008
In Per la storia del movimento psicoanalitico Freud scrive: “Mi sono interdetto l’alto godimento delle opere di Nietzsche con il deliberato obiettivo di non essere ostacolato da nessun tipo di rappresentazione anticipatoria nella mia elaborazione delle impressioni psicoanalitiche”. Esempio classico di “Freud refrain”. E dichiarazione inequivocabile di angoscia d’influenza.
Qualcosa di comparabile si ritrova nel rapporto di Kierkegaard con Schopenhauer. Il filosofo danese confessa nel Diario che in un certo senso gli è quasi dispiaciuto di leggere Schopenhauer e ciò a causa dell’affinità che li lega. “Le sue espressioni” annota Kierkegaard “spesso sono così affini alle mie che io, forse per uno scrupolo esagerato, finisco per attribuire a lui ciò che tuttavia è mio”.
Così come, in sede di psicoterapia esistenziale e consulenza filosofica, esistono terapeuti o consulenti sartriani, ad esempio, nella Berlino di questi anni c’è uno psichiatra schopenhaueriano che risponde al nome di Juliusburger. Il quale ha pubblicato nel 1912 l’articolo L’importanza di Schopenhauer per la psichiatria, pubblica due anni dopo La psicoterapia e la filosofia di Schopenhauer e pubblicherà, nel 1926, Schopenhauer e la psicologia del presente.
Assoun, che ha rivisitato la questione e ricorda come Juliusburger si vantasse dei successi ottenuti a seguito dell’approfondimento di Freud alla luce del suo precursore Schopenhauer, sostiene che appunto questo Freud non poteva tollerare, un precursore (un precursore filosofo per di più) della psicoanalisi. Un anno prima, in una lettera a Abraham, ricorda opportunamente Assoun, Freud aveva scritto: “Juliusburger ha fatto un gran buon lavoro con le citazioni tratte da Schopenhauer, e la mia originalità è ostensibilmente in ribasso”.
Nell’Autobiografia, del 1925, Freud ritorna sulla questione per liquidarla a suo modo, cioè intonando la sua canzone d’organetto. “Le notevoli concordanze” scrive “fra la psicoanalisi e la filosofia di Schopenhauer non possono essere ascritte alla mia conoscenza delle sue teorie. Ho letto Schopenhauer molto tardi nella mia vita”.