Ella Freeman Sharpe sul sogno

Tratto da: Giorgio Antonelli, Discorso sul sogno, Lithos Editrice, Roma, 2010

L’anno della conferenza romana di Bernhard, il 1937, è lo stesso nel quale viene pubblicato Dream Analysis di Ella Sharpe. Ella Sharpe dedica ampio spazio a una questione che possiamo considerare intimamente legata a quella della serie dei sogni: la modulazione dei sogni portati dai propri pazienti durante l’analisi a partire dai progressivi slittamenti di forma. Soprattutto in virtù di quest’attenzione mi è sembrato giustificato, nei preliminari di questo discorso, definire Dream Analysis di Ella Sharpe puro oro (psico)analitico.

Particolarmente interessante è la considerazione relativa al confronto tra produzione onirica prima dell’analisi e durante l’analisi. I pazienti che prima dell’analisi sognavano molto, sostiene Ella Sharpe, vedono ridotta la loro produzione onirica una volta entrati in analisi. L’analisi modula i sogni dei pazienti nei modi più diversi, ad esempio riducendo o eliminando i sogni ricorrenti (segnalando con ciò all’analista che è stato risolto un conflitto psichico rimosso), riducendone la lunghezza e diminuendone anche la bellezza. Ciò accade in virtù del fatto che, e si tratta qui di puro oro freudiano, l’analisi rende possibile un appagamento maggiore nella realtà.

I sogni più brevi, ritiene Ella Sharpe, sono anche i più ricchi di significato “perché traggono meno in inganno col contenuto manifesto”. In altri termini Ella Sharpe ritiene che una scarsa quantità di contenuto manifesto implichi per ciò stesso una corrispondentemente scarsa distorsione. A misura dell’avanzare dell’analisi e, in particolare, di una lunga analisi, i sogni tendono a diventare non soltanto più brevi, ma anche più difficili da interpretare e, nel contempo, più validi. Qui sembra di poter vedere contraddittoriamente applicata agli ultimi sogni della serie alla fine di un trattamento lo stesso criterio che, seguendo Freud (nonché Giuseppe e Scherner), Ella Sharpe applica ai sogni di una sola notte. Durante l’analisi si dovrà concentrare l’attenzione sull’ultimo sogno della serie di una notte, perché sarà il meno camuffato. Degli ultimi sogni della serie di un’analisi sembra che si possa dire che siano nel contempo meno camuffati e più difficili. Presumibilmente, così possiamo spiegare l’apparente, relativa contraddizione, quell’ascolto del sogno nei confronti del sognatore di cui si parlava prima, a misura dell’avvicinarsi del termine dell’analisi, si concretizza in un aumento anche vertiginoso della quota di condensazione. Tutti i confini vengono rappresentati e la loro luminosa copresenza rende oggettivamente arduo il lavoro interpretativo.

Le modulazioni oniriche hanno anche a che fare col contenuto manifesto, le cui modificazioni Ella Sharpe considera probanti al fine di comprovare le corrispettive modificazioni del paziente. Non diversamente da Jung e da Lacan, come s’è visto, anche Ella Sharpe ritiene che l’analista sia un modulatore dei sogni del paziente. “Se l’analista” scrive l’allieva di Sachs “riesce a trattare il problema infantile così come esso viene reinscenato nella situazione di traslazione, la natura dei sogni cambierà”. Non che gli altri psicoanalisti non se ne siano resi conto. La relazione è di tutta evidenza. Ma Ella Sharpe lo ha sottolineato con forza in modi che non è dato facilmente di ritrovare in altri psicoanalisti coevi e non.

Si potrebbe affermare che il sogno resti in ascolto dei due partners in analisi nella misura in cui essi non si sottraggono al loro eros tra morenti. Interessante da questo punto di vista, e alla luce di quanto precede, la considerazione degli effetti che un’interpretazione di fantasia masturbatoria può provocare nel paziente. Questi potrà rispondere con un sogno in cui rimprovera una persona (una maschera dell’analista) di parlare di cose proibite. “In questo caso” continua Ella Sharpe “i ruoli di Es e Super-Io sono invertiti, il paziente assume l’attività del Super-Io e l’analista rappresenta le attività sessuali proibite”.

Non casualmente questo brano figura nel paragrafo dedicato alla drammatizzazione. Ella Sharpe sostiene che i diversi ruoli del dramma si spostano spesso dal paziente all’analista e viceversa “con una velocità tale che nessun artista esperto in rapidi travestimenti potrebbe mai ottenere”.

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