Autobiografia di Stekel

Freud una volta mi confessò, in un momento di debolezza, che ogni nuova idea portata da altri lo trovava resistente e non ricettivo. A volte gli occorrevano due settimane per superare la resistenza.

stekelb2Freud adottò in seguito alcune delle mie scoperte senza menzionare il mio nome. Neanche la mia teoria secondo cui l’angoscia sarebbe una reazione della pulsione di vita contro l’insorgere della pulsione di morte fu mai menzionata nei suoi libri, cosicché molti credono che la pulsione di morte sia una scoperta di Freud.

Forse Jung stava lavorando contro di me e Freud aveva paura di perderlo. In un incontro della Società psicoanalitica il mio onore fu fatto oggetto di attacco da parte di Viktor Tausk. Egli insinuò che i mie casi clinici fossero inventati.

Nel corso della mia ultima visita a Freud questi ricordò ancora una volta come avesse dovuto difendermi contro le insinuazioni di Jung. “Caro Maestro” dissi allora “ho paura che presto capirete di aver sacrificato un vostro fedelissimo collaboratore per un ingrato. Jung non rimarrà a lungo un freudiano.

La mia teoria, espressa in Poesia e Nevrosi (1913), era che tutti i poeti sono nevrotici e che la poesia è una abreazione della nevrosi.

Veniamo a sapere dall’autobiografia che il suo lavoro preferito era quello dedicato ai Sogni dei poeti (1912), un testo ottimamente recensito, ma che non aveva venduto. In esso Stekel, un vero specialista della vita onirica, e che ai sogni aveva dedicato molti studi, metteva a confronto nevrotici, criminali e poeti. In molti sogni dei poeti Stekel riteneva di aver provato la presenza di impulsi criminali scaricati inconsciamente. Il nevrotico, soleva dire Stekel, è un criminale che non ha il coraggio di commettere un crimine.

In una lettera inviata a Jung il 19 dicembre 1912 Stekel scrive: Non ha notato che Freud non sa mantenersi le amicizie?

Condividi:
L'autore
Avatar photo
CSPL