Anne Anceline Schutzenberger – Psicogenealogia e La sindrome degli Antenati, Roma, Di Renzo editore, 2011 Recensione di Piera Lombardi

Poiché i padri hanno mangiato l’uva, i denti dei figli si guasteranno e non si conteranno le sedute dal dentista. Scherzi a parte, le colpe dei padri ricadranno sui figli: è la Bibbia a informarci. E non si smaltiranno in breve tempo. Secondo il testo sacro, saranno vessate almeno 7 generazioni; l’induismo ne conta 9; gli antichi testi cinesi, addirittura 11. Già solo il pensiero ci tramortisce, almeno da che l’Antico Testamento ha fissato il principio in un verso del libro di Geremia e lo ha trasmesso alla vulgata comune. Nel libro di Ezechiele, invece, si cambia drasticamente musica: ciascuno sarà giudicato in base alle proprie azioni. Ma insomma, siamo liberi o condizionati? Il prodotto di una lunga catena di eventi o delle nostre scelte individuali? Non si sta qui a tentare l’esegesi biblica, solo a dire che il dilemma tra destino e libero arbitrio, predestinazione e libertà, è antico, attanaglia da sempre il pensiero filosofico e religioso, le culture umane. Con Anne Anceline Schutzenberger, ‘inventrice’ della psicologia transgenerazionale, oggi 92 enne, la psicologia dà ragione a Geremia (da lei citato nei suoi studi) e scarta Ezechiele: i morti condizionano i vivi, i vissuti familiari si trasmettono, li ereditiamo come e più dei tratti fisici e somatici, ci costringono alla ripetizione finché non ne prendiamo coscienza, li assimiliamo e ce ne liberiamo. È stato da poco pubblicato in Italia ‘Psicogenealogia’, seguito e completato de ‘La sindrome degli antenati’ (entrambi per opera dell’editore Di Renzo), frutto di una vita di ricerca, studio, ma soprattutto esperienza clinica diretta della Schutzenberger con centinaia di migliaia di pazienti . Da entrambi i libri affiora un concetto fondamentale: un qualche equilibrio interiore e il senso della propria vita non si raggiungono solo e soltanto, ammesso che ci si riesca, dirimendo i conflitti tra Es e Super Io, l’io in mezzo a fare da mediatore, secondo l’impostazione psicoanalitica classica. Anceline invita a scovare altrove, negli armadi di casa, l’origine dei propri mali: naftalina (se ancora è in uso) e antitarme a parte, si potranno scoprire scheletri o fantasmi di famiglia ben custoditi o nascosti ma attivi in noi; segreti, tabu, polveri non sottili di tante cose rimosse, non dette, mai confessate eppure mai decadute, anzi rimaste sempre in circolo, che si riattivano nel vissuto di ogni generazione in forma di coincidenze, malattie gravi, morti premature, ma anche solo episodi analoghi che si ripetono nella scala della discendenza. Segno che l’albero, il nostro albero genealogico, sovraccarico, intasato, inquinato, va ‘ripulito’. Agostino d’Ippona, citato da Anne, scrisse che ‘i morti non sono assenti, sono esseri invisibili’. Ecco, nel ripostiglio di casa si agita l’inconscio familiare che ci costringe, secondo questa linea di pensiero, a prendere atto di un universo parallelo dove le dimensioni di tempo e di spazio non sono solo quelle della realtà apparente. Il funzionamento dell’inconscio e della memoria sembrano sfuggire alle convenzioni e mostrarci legami longitudinali nel tempo e nello spazio che sfuggono a qualsiasi spiegazione razionale. Conoscere la propria storia familiare e coltivarne la memoria, diventa parte fondamentale di ogni processo terapeutico o percorso esplorativo di chi è alla ricerca di sé. Del vero sé.

Questo approccio contestuale e integrato permette “una nuova ricognizione della psicoterapia, psicoanalisi, della medicina olistica e della medicina tout court, nonché della psicosomatica” e obbliga a un’integrazione dei saperi. “La sola psicoanalisi, o la psicoterapia individuale che non si colleghi al passato simbolico dell’individuo e ai suoi traumi, non è sufficiente”. Anne collega la disciplina anche alla teoria del caos e dei frattali e alla ricerca di un senso in ciò che sembrerebbe non averne, perché potrebbero “aiutarci a comprendere come un piccolo avvenimento sia in grado di far cambiare tutto”. In ‘Psicogenealogia’ si dice che è troppo presto per tirare le somme ma che i paradigmi scientifici stanno cambiando rapidamente: molte certezze dei secoli passati sono superate; viceversa, idee ritenute infondate trovano nuovi riscontri. Il futuro della ricerca non può che essere transdisciplinare, per riuscire a spiegare le modalità di trasmissione di questa eredità e allargare la comprensione di come funzionino la memoria e l’inconscio.

Solo accettando consapevolmente il proprio guazzabuglio familiare, si può trovare un ramo confortevole per sé dove cinguettare. Come diceva il filosofo Paul Ricoeur, bisogna acconsentire a ‘l’involontario della vita’. “Non ci si sceglie la propria famiglia ma si può acconsentire a esservi nati e riappropriarsene”, conclude Anne. Forse tutto sta a rinsaldare i legami scissi tra vita conscia e inconscia da questa civiltà, a dare ascolto agli avi quando hanno qualcosa da dirci, a coltivare la memoria e raccontare ai figli il proprio romanzo familiare invece di occultarlo. A riconoscere le eredità per poi fare storia a sé. Recita un famoso sonetto del poeta francese del XVI secolo, Joachim du Bellay: “Felice chi, come Ulisse, ha fatto un lungo viaggio nello spazio e nel tempo, finisce per ritrovare il suo cuore e la sua ragione, e realizza finalmente la sua vera vita per sé stesso”.

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