Fin dal 400 a.C. Platone s’interrogava sul tema dell’identità di genere e sugli elementi maschili e femminili presenti in ogni essere umano. Sono molti i miti che ci sono stati tramandati su questo argomento e che dimostrano il bisogno profondo degli esseri umani di comprendere meglio questa componente della personalità che, a prima vista, può sembrare semplice nella sua divisione in maschile e femminile, ma che invece, ad un esame più attento, evidenzia confusione e ambiguità.
Freud nei “Tre saggi sulla teoria sessuale” scriveva:
È indispensabile chiarire a se stessi che i concetti di maschile e femminile, il contenuto dei quali appare così privo di ambiguità all’opinione comune, appartengono alla scienza ai concetti più confusi e debbono essere suddivisi in almeno tre direzioni. Si adoperano i concetti di maschile e femminile ora nel senso di attività e passività, ora in senso biologico e infine anche in senso sociologico.[1]
Appare qui fondato il riferimento alla bisessualità, ma si potrebbe leggere l’intera opera di Freud come sottesa da una posizione teorica da lui stesso a volte esplicitata, a volte solo abbozzata: l’idea che in ciascun sesso è l’atteggiamento proprio del sesso opposto quello che soccombe alla repressione, mentre l’inconscio non accetterebbe la repressione e vorrebbe riconquistare la bisessualità dell’infanzia.
[1] Freud, S. (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale, in Opere, Newton Compton, Roma, 1992, p. 993.